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Oristano. Il parco come spazio generativo della città
Gianfranco Sanna Silvia SerreliPDF


Parole chiave:
periferia, spazi generativi, territori-struttura, ri-territorializzazione




Abstract:        

La pervasività della dimensione urbana pone complesse questioni sul piano delle politiche urbanistiche e del progetto della città. Il fenomeno mostra situazioni di estrema contraddittorietà, palesate da criticità relazionali, azioni di prevaricazione rispetto all’ambiente, divario sociale, incremento dell’entropia. Questa visione ha prodotto spazi caratterizzati da alti gradi di marginalità, luoghi alla deriva, dai quali però è necessario ripartire con l’adozione di nuovi paradigmi progettuali che al principio della “fondazione” sostituiscano quello della ri-territorializzazione e della ri-significazione. Riconoscere negli spazi offuscati da organizzazioni spaziali prevaricatrici i luoghi potenziali ancora in grado di accogliere nuove scritture, rappresenta forse una significativa ragione del progetto urbano contemporaneo.




Ragioni e contenuti del progetto

Le condizioni imposte dalle logiche dell’economia globale, di nuove politiche di gestione della città e del territorio, dell’avvenuta contrazione degli spazi utilizzati, restituiscono un paesaggio urbano complesso. La dimensione dilatata e invasiva lascia sul tavolo delle politiche urbanistiche e del progetto della città molteplici interrogativi. Si incontrano nella città architetture sospese tra la ricerca ossessiva di inedite forme spaziali - con spiccato carattere di autoreferenzialità - e la necessità di rimediare alla perdita di significato del genius loci e del legame tra urbs e civitas. E’ un fenomeno che mostra situazioni di estrema contraddittorietà, palesate da criticità relazionali, azioni di prevaricazione rispetto all’ambiente, divario sociale, incremento dell’entropia. “Si inizia a capire perché la costruzione del mondo viene a coincidere, anche al di là dell’intenzionalità del progetto, con la produzione di ‘terre desolate’ (…), con la sua liquidazione, ovvero con la più perturbante distruzione totale dell’ambiente” (Emery 2011, p. 63). 
Il superamento del positivismo novecentesco rivela nei territori gli esiti di una visione riduzionista asservita alle necessità del sistema insediativo dominante, priva di sguardo olistico sulla complessità dei processi ambientali che sottendono i contesti oggetto di colonizzazione. Questa visione  ha permeato per lungo tempo le categorie interpretative dell’urbanistica e dell’architettura, il cui esito spaziale ha messo in luce territori con molteplici criticità sia nella dimensione materiale sia in relazione ai significati a cui rimandano. In questo senso i territori urbani della contemporaneità sono spesso spazi caratterizzati da differenti gradi di marginalità e perifericità, luoghi alla deriva, dai quali però è necessario ripartire con nuovi paradigmi progettuali che al principio della “fondazione” sostituiscano quello della ri-territorializzazione e della ri-signignificazione. Riconoscere negli spazi senza voce, offuscati da organizzazioni spaziali sopravvenute e prevaricatrici,  potenziali ancora in grado di accogliere nuove scritture, “spazi in cui agire, in cui creare nuove economie locali, nuove storie, nuovi modi di appartenenza” (Sassen 2015, p. 238), rappresenta forse una significativa ragione del progetto urbano contemporaneo.
Il progetto di rigenerazione urbana per la città di Oristano parte da queste premesse. Si tratta di una città di medie dimensioni, localizzata al centro della costa occidentale della Sardegna che ha recentemente partecipato al bando nazionale indetto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sul tema delle periferie urbane delle città capoluogo di Provincia, un’opportunità cha ha offerto l’occasione per riflettere sui temi che caratterizzano l’attuale condizione urbana, declinandola nei territori della bassa densità insediativa che contraddistingue il contesto di studio.
Il progetto mostra in alcune situazioni una sorta di “alienazione” dei territori urbani, la loro essenziale inospitabilità-inabitalità. Nicola Emery (2011) nel volume Distruzione e progetto, mette l’accento sul concetto di architettura “capovolta” che diventa inabitabile, “non trova essenzialmente più nell’abitare il suo principio e la sua regola” dimostrandosi “estranea e ostile ai soggetti, non rispondente, in quanto valore di scambio, ai loro bisogni (…). Il valore di scambio trascura, fino a mortificarlo e capovolgerlo, il valore d’uso” (Emery 2011, p. 57). Emery propone una concezione ermeneutica del progetto della città in cui alla logica della distruzione “creatrice” dell’architettura e alla sua capacità di generare perdita dei luoghi e di senso, oppone l’azione del curare, recuperare, salvare. Alla violenza implicita del fare del progetto, egli suggerisce la prudenza, la misura, l’autocontrollo, la responsabilità e la solidarietà, per impedire la sua aggressione alla terra e alla natura.
Il progetto dello spazio insediativo è un’azione di rovesciamento e di recupero del dismesso e dello scarto come materiale del progetto; significa quindi selezionare e raccogliere, recuperare e riaggiustare, rielaborare e declinare, spostare e curare, considerando spazi diversi e antagonistici in cui anche i detriti che recano tracce hanno un senso. Se per Heidegger (1976) per costruire bisogna saper preliminarmente abitare, nell’epoca della riproduzione allargata delle economie globali “saper abitare significa anche se non innanzitutto saper non costruire”. (Emery 2011, p. 286).
Le ragioni del progetto hanno a che fare con l’idea di “ri-abitazione dello spazio” che implica una differente idea di architettura e un’altra etica dell’abitare rispetto ai processi di costruzione-distruzione e produzione allargata che interessano diversi processi della contemporaneità.
Il passaggio dal concetto di rigenerazione a quello di ri-territorilizazione (Deleuze, Guattari, 1987) consente di ripensare alcune categorie concettuali che hanno guidato la proposta progettuale per la città di Oristano. Il primo attraversa la nozione di “riuso” e di “riqualificazione”, che la tradizione architettonica e urbanistica associa alle politiche di recupero del patrimonio esistente o agli interventi in aree caratterizzate da disfunzioni e degrado. La rigenerazione si concentra sulla qualità dello spazio insediativo e pone gli abitanti al centro del processo di trasformazione/modificazione. Il secondo si lega a un generale ripensamento della città. Per il suo tramite il progetto favorisce le condizioni per produrre nuove attribuzioni di senso (di tipo culturale, economico, affettivo, politico) in seguito alla perdita dei valori territoriali esistenti nel contesto urbano. La ri-territorializzazione mira non solo a una riorganizzazione spaziale, ma si associa a interventi di ri-significazione dei contenuti della città, finalizzati a un miglioramento della qualità della vita, sia in relazione alle aspirazioni degli abitanti sia in un orizzonte a lungo termine.
Il progetto per Oristano affronta il tema della periferia esplicitando il processo di “ri-abitazione” di alcuni luoghi ritenuti strategici, attivando in essi processi di ri-territorializzazione.

Ri-territorializzare la periferia

Il termine periferia, forse per il suo consolidato valore significante, continua ad avere una grande forza figurativa e rimanda a immagini e situazioni critiche della città. Ad esso sono ancora associati concetti come rigenerazione, riqualificazione, riuso, partecipazione, auto-costruzione, impegno sociale. L’attenzione torna a concentrarsi nelle periferie, scriveva nel 1991 Bernardo Secchi, in riferimento alla città europea.

Dopo trent’anni il cambiamento di sensibilità ha consentito di interpretare e documentare, da parte di architetti, urbanisti, filosofi, sociologi, antropologi, e non solo, che il fenomeno della periferia e della perifericità dello spazio urbano può essere inteso diversamente rispetto a quegli anni, nonostante continui a essere evidenziata l’assenza di un cambiamento di fondamenti. È noto che l’ossimoro centro-periferia riveli inadeguatezza. Come evidenzia Secchi è ancora oggi luogo dell’accusa per l’urbanistica moderna e per l’architettura, e richiede “prima che piani e progetti, descrizioni pertinenti e spiegazioni specifiche” (Secchi 1991, p. 20). Il superamento della monocentricità associato al fenomeno della diffusione urbana, che ha caratterizzato la seconda parte del secolo scorso, ha di fatto ridimensionato questa dicotomia. Se è pur vero che la marginalità di molti dei contesti urbani in Italia abbia assunto caratteri così complessi da non poter essere affrontata compiutamente, tuttavia crediamo che possano essere delineate alcune prospettive di riferimento. Alcuni dispositivi spaziali del progetto, che abbiamo definito “generativi”, possono contribuire a nostro avviso a modificare la città esistente e a ridefinire alcuni problemi della periferia a partire dal riconoscimento delle peculiarità insediative, da una approfondita lettura degli elementi strategici che la caratterizzano, spesso non direttamente percepibili, e soprattutto dalla selezione mirata delle energie latenti dei soggetti che lo abitano.
Cogliere nella periferia una forma stabile dell’abitare, comprendere attraverso il progetto nuovi ruoli e nuove possibilità, rende l’azione progettuale inderogabile. Questa necessità emerge soprattutto quando gli elementi di un contesto provenienti da realtà insediative diverse nel tempo e nello spazio (si pensi al patrimonio industriale del modello fordista) possono aver esaurito il proprio ruolo vitale, sia perché assorbiti passivamente da altre logiche urbane o produttive dominanti, sia perché viziati da un eccesso di autoreferenzialità che li esclude dal contesto. I frammenti di città senza ruolo sono sganciati dalle dinamiche organizzative e sono espulsi nello spazio di bordo o di “margine sistemico” (Sassen 2015). Un esempio è offerto dai frammenti residuali di tessuti fondiari agricoli o dagli spazi residuali di attività dismesse che resistono imbrigliati nelle maglie dei sopraggiunti tessuti insediativi dominanti. Questi frammenti, pur manifestando la propria corporeità, risultano svuotati dei loro significati. E’ a partire dalla incomunicabilità e dal senso di straniamento dei frammenti isolati che, la proposta progettuale per Oristano,  ha intercettato uno spazio terzo che, sostanziato da nuovi significati e reso permeabile a nuove relazioni, possa contribuire a generare inedite urbanità e condurre al dialogo tutti gli interpreti della scena urbana. Si tratta di un processo di modificazione che può generare effetti di ri-territorializzazione e di ri-significazione degli spazi e delle architetture che assumono, nella nuova organizzazione spaziale, un ruolo inedito e un nuovo orizzonte di senso per tutta la città.


Strategie riferite al bando 2016

Il progetto, elaborato con la consulenza del Dipartimento di Architettura 1, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari, affronta il tema della riqualificazione urbana e della sicurezza estendendo il campo d’azione a un territorio più ampio rispetto ai luoghi definiti periferici secondo i criteri del bando. In altre parole, il territorio urbano considerato si estende aldilà della struttura compatta della città per richiamare a se gli elementi ambientali di prossimità e costitutivi: l’ambito fluviale a nord e l’ambito lagunare a sud. In questo senso il progetto estende il concetto di centro a più ambiti del territorio urbano, rispetto a quello storico abitualmente riconosciuto come unico luogo da cui far derivare il gradiente di perifericità dei diversi contesti della città.
Il progetto, nel tentativo di recuperare e rigenerare diversi ambiti lungo il margine urbano compatto, seleziona e organizza la sequenza di spazi che sostanziano un esteso corridoio urbano e infrastrutturale disposto sul lato orientale e meridionale della città. Questo corridoio è assunto dal progetto come dispositivo generativo in grado di accogliere le istanze economico-produttive degli abitanti, i luoghi dello svago e del tempo libero e la dimensione ambientale della città (fluviale e lagunare), attualmente offuscata dalla struttura insediativa che l’ha relegata a sfondo passivo.
Nelle attività di ricerca condotte dagli autori, il dispositivo spaziale è stato denominato territorio-struttura: si tratta di uno schema d’azione, materializzato da porzioni di spazio urbano che presentano criticità rilevanti che il progetto mette in relazione reinserendoli in una nuova configurazione, ri-territorializzazione, conferendo loro una conseguente e rinnovata attribuzione di significato, di spazi ri-abitabili. Nel progetto per Oristano il territorio-struttura incorpora il ruolo di direttrice urbana in grado di mettere in relazione aree interessate da diversi fenomeni di periferizzazione: aree pubbliche derelitte segnate dal progressivo abbandono da parte degli abitanti, aree in dismissione non più funzionali nell’organizzazione urbana attuale, spazi di connessione non più accessibili. La loro successione definisce tre direttrici urbane, una occidentale, una orientale e l’altra meridionale, e configura tre inediti parchi urbani che abbiamo denominato “spazi generativi di contatto” (Choay 2003). Essi comprendono spazi interstiziali, terrains vagues, in ambiti del reticolo agricolo residuale e incastonati nelle trame insediative attuali; incorporano elementi puntuali come antiche ville, archeologie industriali recenti, ambiti dismessi della rete ferroviaria, aree obsolete e in attesa di nuove funzioni. La selezione degli ambiti operata dal progetto definisce per questi un nuovo statuto e li include in una nuova organizzazione spaziale. In questo senso il territorio-struttura del parco è un catalizzatore di relazioni fra spazi e funzioni, che ha la potenzialità di generare processi di ri-territorializzazione e ri-significazione futura.

Il progetto avvia un inedito processo evolutivo della città, coinvolgendola nella sua interezza, in alternativa alle logiche di evoluzione urbana vigenti, dettate da criteri esclusivamente additivi.  L’attrattività del dispositivo spaziale del parco e delle aree da questo incorporate ha avuto precisi riscontri nel progetto Oristano Est grazie alle molteplici richieste di partecipazione pervenute da parte di soggetti privati che, interessati a prendere parte attiva alla realizzazione del progetto, hanno messo in luce le potenzialità della reinterpretazione e ri-significazione dell’esistente operata dal parco. Il territorio-struttura del parco è stato per questo in grado di figurare una connessione di luoghi che accolgono le istanze pubbliche e private della città, e più operativamente di avviare un programma di opere pubbliche mirato a realizzarne la fattibilità.

Le direttrici-parco avviate dal progetto generale sono in questo senso:
- luoghi aperti alla fruizione pubblica che richiamano differenti servizi collettivi per attività ricreative, educative, di housing sociale;
- attrattori di nuove economie urbane, grazie alla localizzazione di nuovi servizi per la città anche da parte dei privati;
- luoghi dell’integrazione culturale, in quanto spazi accoglienti che possono innescare processi di innovazione sociale in quanto Oristano richiama differenti profili di abitanti (residenti stabili e temporanei, lavoratori stabili e occasionali, diversi tipi di turisti, nuovi cittadini migranti);
- spazi che favoriscono le condizioni per la sicurezza, permettendo agli abitanti di vivere gli spazi pubblici senza rischi per la propria integrità fisica, spesso indotta dalle forme di inaccessibilità. La sicurezza urbana è intesa anche come sicurezza ambientale, favorita da una presa di coscienza di alcuni luoghi che richiama una maggiore sensibilità alla tutela dell’ambiente delle aree pubbliche da parte degli abitanti.
Le direttrici urbane orientale e meridionale sono quelle attualmente interessate dal progetto. Esse coinvolgono con continuità le diverse aree attraversate (ambiti dismessi, elementi puntuali e corridoi infrastrutturali, aree dell’istruzione e per la fruizione collettiva, aree di bordo di connessione con il fiume e la laguna) realizzando il territorio urbano del parco.

Integrazione con altre iniziative realizzate o in progress

L’Amministrazione Comunale ha coinvolto i partner privati in un processo virtuoso con l’obiettivo di una rivitalizzazione sociale dei quartieri dell’area orientale della città. Nonostante il momento di crisi economica dell’ambito produttivo locale, l’opportunità offerta dal Bando è stata ritenuta strategica per incentivare il mondo imprenditoriale, i giovani, il terzo settore, le associazioni di categoria. In questo senso il bando è stato uno stimolo per attivare le singole iniziative mirate a rigenerare e innovare l’ambito urbano del bordo orientale della città. Soggetti privati e partner pubblici sono stati chiamati a partecipare, presentare le proposte e condividere le strategie del dispositivo progettuale. La partecipazione, considerata la modesta dimensione della città, ha avuto una risposta oltre le aspettative sia in termini quantitativi che qualitativi. Una apposita commissione tecnica di valutazione ha verificato, sulla base degli elementi forniti dall’Amministrazione, le proposte pervenute con un apporto di risorse private pari al 48,09% (16.555.288,03 euro) dell’investimento previsto. Per gli investitori privati il bando consentiva di erogare un contributo in c/capitale secondo le modalità di cui alla normativa europea “de minimis”, (Reg. UE N. 1407/2013), ossia con un massimale di circa 200.000 euro per intervento, nella misura massima del 50%, per un totale complessivo a valere sul Bando Periferie pari a 1.189.951,50 euro.

Risposte tecnologiche, criticità attuative, ricadute operative

L’intero percorso di ideazione e progettazione, volto al perseguimento degli obiettivi del bando, è stato orientato alla necessità di rendere compatibile il processo esecutivo e di vita del parco con i criteri di sostenibilità ambientale, economica ed energetica. Tali requisiti sono stati raggiunti attraverso l’adozione di materiali e tecnologie coerenti con le dinamiche insediative ed ecologiche del territorio del parco. Le risorse necessarie alla manutenzione e formazione del verde sono state individuate e sostenute dall’Ente Foreste, che provvederà con mezzi propri alla cura manutentiva e alla fornitura e messa a dimora delle specie arboree che colonizzeranno gli spazi del parco.
L’opera degli Istituti di formazione specializzati nel settore agronomico fornirà inoltre, attraverso campi scuola e percorsi didattici di sperimentazione e formazione, un utile e significativo contributo alla cura e manutenzione del verde.

Le peculiarità ambientali degli ambiti del progetto e la relativa vulnerabilità idrogeologica hanno suggerito l’uso di materiali che riducono le criticità derivate dall’eccessiva impermeabilità dei suoli. A tal fine il progetto ha proposto materiali altamente permeabili, soprattutto per la formazione dei percorsi e degli spazi di sosta. Un ulteriore aspetto preso in considerazione dal progetto è la sostenibilità energetica: l’alimentazione di energia utile all’illuminazione e alle necessità del parco  proverrà da un campo fotovoltaico esistente di proprietà pubblica, già in uso all’amministrazione comunale.
I risultati attesi dal progetto sono legati alla possibilità di creare nuove coordinate per lo sviluppo urbano della città. Il progetto di riqualificazione delle aree pubbliche rappresenta infatti la struttura di una serie di interventi privati o in partenariato. L’intervento pubblico e i primi interventi privati proposti eserciteranno una sorta di azione “enzimatica” e saranno per questo attrattori di altre azioni ad opera dei privati, che potranno contribuire nel tempo alla realizzazione di uno spazio di riferimento urbano e ambientale della città.
La riqualificazione dello spazio fisico contribuirà così a rinnovare il tessuto economico, grazie alla possibilità di dare vita a nuove opportunità occupazionali legate alla creatività e alle economie della cultura e dell’ambiente (come ad esempio le nuove professioni che potranno nascere grazie ai nuovi servizi localizzati lungo la direttrice parco). Il progetto può generare inoltre processi di innovazione sociale in relazione al miglioramento della fruizione dello spazio pubblico e alla localizzazione di nuove funzioni in cui gli abitanti potranno essere parte attiva (ad esempio la gestione di servizi, o le attività in coworking).
L’obiettivo del parco è di contribuire alla creazione di una città che riscopre le proprie matrici storiche e ambientali in un’ottica di innovazione e di integrazione culturale. A questo scopo la direttrice-parco individua spazi e strutture che hanno una particolare propensione per le attività sociali e multiculturali. Al suo interno potranno inoltre essere localizzate funzioni residenziali destinate anche all’accoglienza temporanea di diversi profili di abitanti e di gruppi vulnerabili, invertendo l’attuale tendenza a relegare in spazi confinati queste forme di residenza.


Conclusioni

Il progetto urbano e architettonico del parco di Oristano, come è stato sperimentato dagli autori in diverse occasioni, avvalendosi del dispositivo spaziale dei territori-struttura, crea un frame progettuale che intercetta l’insieme dei materiali esistenti stratificatisi nel territorio. Non si tratta di nuove fondazioni dell’insediamento, ma la mise ensemble di elementi che riaffiorano con nuovi contenuti attraverso l’opera di ri-significazione esperita dal progetto (Teyssot 2000)2. Il dispositivo si sostanzia dell’organizzazione spaziale esistente, e opera al suo interno una mutazione di forme e significati mettendo in relazione spazi e soggetti attraverso i principi della complementarietà, dell’ibridazione e della rigenerazione traguardati al processo di ri-territorializzazione degli spazi esistenti a Oristano.
Lo spazio generativo del parco è pensato per avere una capacità organizzante, creare nuove interdipendenze tra spazi e attori, mettere in moto spazi disconosciuti del margine, obsoleti, residuali, dispersi, frammentati, ruderizzati o in estinzione, che restituiscono testimonianze materiali e immateriali della città e del territorio (Sanna Serreli 2018).
Il dispositivo del territorio struttura è tanto più efficacie quanto più elevato risulta essere il livello di perifericità o marginalità del territorio oggetto di attenzione progettuale. La configurazione spaziale e formale del dispositivo è aperta, varia a seconda del punto di vista e dell’orizzonte di senso che si intende raggiungere. L’efficacia di questo dispositivo spaziale può essere interpretata attraverso le riflessioni di Bernardo Secchi. Egli sostiene infatti che per costruire la struttura dell’intero spazio urbanizzato è necessario ritornare a immaginare grandi frames, “grandi strutture aperte cui riferire la singolarità dei materiali esistenti: il pezzo di campagna intercluso, l’area delle case su lotto, la strada commerciale, la strada mercato, il centro terziario, la zona industriale, il quartiere della ‘città pubblica’, lo scalo merci, l’autoparco, le attrezzature sportive. (…) “Occorre immaginare interventi che completino il frame, lentamente modificandolo, piegandolo fino a fargli assumere nuovi significati, sino a costruire un nuovo spazio abitabile” (Secchi 1991, p. 22).

 

Gli autori

Gianfranco Sanna architetto e docente di Progettazione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari.

Silvia Serreli, urbanista e docente di Tecnica urbanistica e pianificazione territoriale presso il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari. È coordinatore, con G. Maciocco e G. Sanna, del Laboratorio di Ricerca LEAP_Città e Territorio del DADU.

 

Note


1.  Il progetto è stato proposto dal Comune di Oristano nell’ambito del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2016. La proposta progettuale per la città di Oristano è stata ammessa a finanziamento, classificandosi tra i primi posti della graduatoria di merito su centoventi città.
-Coordinatore generale Ing. Giuseppe Pinna (Dirigente settore Sviluppo del Territorio)
-RUP Ing. Anna Luigia Foddi
-Consulenza scientifica del Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università degli Studi di Sassari, Prof. Gianfranco Sanna e Prof.ssa Silvia Serreli.
Collaboratori: Arch. Giovanni Maria Biddau, Arch. Laura Lutzoni, Arch. Michele Valentino.
-Progettista Coordinatore Ufficio di Progettazione Arch. Gianfranco Sanna
-Progettisti Coadiutori Arch. Giovanni Curreli e Arch. Pietro Frau
-Giovani Professionisti: Arch. Maria Agostina Sannai, Arch. Pasquale Murru, Arch. Giulio Porcu, Arch. Salvatore Enrico Piras, Arch. Barbara Boi, Arch. Claudia Meli, Arch. Francesco Lorenzi, Ing. Elena Loddi, Arch. Federico Sercis, Arch. Francesco Marras, Arch. Ilaria Suozzi, Ing. Gian Luca Zuddas, Arch. Michela Canu, Arch. Filippo Sanna, Arch. Elena Boi, Arch. Luca Casula, Arch. Claudia Argiolas, Arch. Giulia Collu, Arch. Stefania Mulargia
-Neo-Laureati: Dott. Walter Cuccuru, Dott. Luca Antonio Serusi, Dott. Emanuele Frongia, Dott. Roberta Scarpa, Dott. Cesare Cavallini
-Agronomia Agr. Enrico Marceddu
-Mobilità e Trasporti MLAB s.r.l.
-Topografia e tematiche catastali Geom. Roberto Perseu e Geom. Alberto Murru

2. “Questi luoghi vivono del qui e ora, senza né passato né futuro, carichi dell’inaspettato, ed esprimono un’ambiguità psicologica individuata da un disorientamento, estraniante e angosciante, ma anche da forte senso di apertura e di scoperta” (Teyssot 2000, p. 23).


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