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Piani per la riqualificazione delle periferie/2
Filippo AngelucciPDF




[continua da EWT #17]

Come migliorare l’azione sulle periferie italiane

Le esperienze avviate con il “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” (DPCM 25 maggio 2016) hanno attraversato una fase turbolenta, rischiando di esaurirsi nel giro di soli due anni.
Il processo di attuazione dei progetti, finanziati con tre tranche dal 16 febbraio al 7 agosto 2017, ha subito infatti un’improvvisa e inattesa interruzione con la Legge 108/2018 di conversione del Decreto “Milleproroghe” (DL 91/2018). Il “Milleproroghe” aveva limitato la continuità dell’erogazione dei fondi solo per i soggetti proponenti compresi fino al ventiquattresimo posto della graduatoria, e il differimento al 2020 delle rimanenti convenzioni, per 9 Città Metropolitane e 87 Comuni capoluogo. Come seguito della dura trattativa tra ANCI e Governo, si è pervenuti all’ Accordo in Conferenza Unificata del 18 ottobre 2018, con cui si è sancita la prosecuzione degli interventi previsti in tutte le convenzioni già stipulate tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli enti beneficiari del finanziamento del Piano periferie.
Rientrata l’emergenza di una sospensione unilaterale dei 120 progetti già finanziati, restano comunque sul tavolo questioni importanti che vanno oltre le trattative tra Stato ed Enti locali.
Dalle esperienze prese in considerazione in questa indagine di EWT1 e dalle analisi condotte dall’ANCI sui principali progetti presentati e finanziati con il DPCM 25.05.2016, emergono alcuni temi ricorrenti che è possibile distinguere secondo tre ambiti di riferimento.
Un primo ambito riguarda l’interpretazione del concetto di area periferica e delle sue forme diffuse sul territorio. Questo ambito ha dato luogo a proposte che operano soprattutto a livello strategico, cercando spesso di raccordare iniziative localizzate e già da tempo in itinere con altre tipologie di intervento di nuova attivazione. Le varie proposte rinviano generalmente alla predisposizione di uno specifico quadro di pianificazione, che coinvolge ampie porzioni dei territori di competenza degli enti comunali o delle città metropolitane.
Un secondo ambito è riferito ai progetti per specifici quartieri o sistemi di quartieri nei quali si riscontrano problematiche ormai endemiche (sociali, economiche, produttive, educative, dei servizi) che ricorrono nei processi di decentramento in periferia, sia con le nuove forme di periferizzazione conseguenti all’abbandono dei centri storici o alla deindustrializzazione dei quartieri di espansione moderna adiacenti ai confini del tessuto storico consolidato.
In un terzo ambito infine,  troviamo i progetti con interventi “a tema” per introdurre nuovi livelli di connettività e di relazione tra le aree più vitali della città e le aree critiche in periferia, sia esistenti che avviate verso un processo graduale di estraniazione, abbandono o esclusione dalle dinamiche di sviluppo urbane.
I due casi di studio presentati in questo numero di EWT fanno riferimento a questi tre ambiti e, in particolare, all’ambito delle proposte con forte valenza strategica.
Ad esempio il progetto del Comune di Oristano muove dalla necessità di avviare un processo di “ri-abitazione” dello spazio esistente, in particolare di quegli spazi ritenuti strategici per gli obiettivi di rigenerazione urbana e per la promozione di un’etica alternativa dell’abitare, contrapposta ai processi di costruzione-distruzione e produzione allargata che caratterizzano le dinamiche contemporanee di consumo delle risorse. Il ri-abitare s’inserisce in una prospettiva di “ri-territorializzazione” delle aree periferiche, caratterizzata da un dispositivo d’intervento denominato “territorio struttura”, che assume valenze analitico-descrittive, di ricomposizione, ri-significazione e riorganizzazione in sequenze di spazi delle aree di intervento.
Nel caso del Comune di Torino, il progetto opera con riferimento a cinque assi tematici: spazio pubblico, casa, lavoro/innovazione, cultura/scuola e comunità/partecipazione. L’insieme degli interventi è caratterizzato da una volontà programmatica di agire in modo intersettoriale e integrato, su scala urbana, applicandosi a nodi strategici della città piuttosto che a singoli quartieri, con la prospettiva di far interagire i diversi spazi secondo una visione reticolare. Il modello partecipativo adottato per coordinare gli interventi rinvia a due livelli: il primo, interno all’amministrazione pubblica, con caratteri logistici e di indirizzo; il secondo, esterno, finalizzato alla promozione di forme sia tradizionali che nuove di decisione condivisa, di cogestione del bene comune e di collaborazione tra diversi attori.
Anche se con alterne vicende, le iniziative avviate fino a oggi sulle periferie attraverso il programma straordinario del DPCM 25.05.2016, hanno dimostrato un’elevata volontà di partecipazione da parte di comuni capoluogo e città metropolitane, e anche una loro non trascurabile capacità tecnico-operativa di elaborare proposte integrate sviluppando progetti ad alta complessità con tempi particolarmente ristretti.
Le aree periferiche continuano però a soffrire di alcuni cronici ritardi nelle strategie d’intervento. Alcuni di questi sono riconducibili anche al progressivo allontanamento dalla pratica del Progetto urbano2. Gran parte delle proposte presentate rinviano infatti all’ambito della pianificazione strategica (16 ricorrenze sui 37 progetti considerati, in cui spesso si ripropongono interventi già avviati, irrisolti o interrotti per scarsità di risorse finanziarie). Questa condizione comporta proiezioni programmatiche su grande scala con lunghissimi tempi di attuazione, e corre il rischio di perdere di efficacia in considerazione della rapida variabilità degli assetti socio-politici ed economici3 esistenti.
La presenza di altre proposte (sedici su trentasette) per interventi mirati su quartieri, sistemi di quartieri o centri storici, segnala tuttavia un apprezzabile tentativo di passare dalla dimensione strategica verso progetti più puntuali, applicati in particolare ad infrastrutture, spazi pubblici, aree verdi e attrezzature per la collettività. Per contro appare esiguo il numero di proposte incentrate su temi pilota di progettazione urbana; solo 5 su 37, con interventi che tendono a configurare una ri-organizzazione complessiva in aree ad alta criticità, dove poter innestare, in seguito, interventi più puntuali di natura tattica o provvisionale.
L’indagine avviata da EWT sui programmi di riqualificazione delle periferie consente di riflettere meglio sui processi d’innovazione progettuale e tecnologica mirati alla risoluzione del disagio insediativo; in particolare permette di evidenziare alcuni aspetti tecnico-operativi, procedurali e comunicativi che rischiano di oscurare le finalità sociali, ambientali ed economiche dei progetti di questo genere. 
Sono almeno tre le potenziali aree di criticità che emergono dall’indagine. In primo luogo la capacità di adattare i processi d’innovazione alle esigenze reali delle comunità urbane. Sotto questo profilo, il già citato dossier ISTAT sulle condizioni di sicurezza e di degrado in periferia ha indotto nuove visioni circa la distribuzione spaziale delle nuove periferie. L’organizzazione polifunzionale e policentrica, ormai condivisa da molte città italiane, tende ad annullare la classica corrispondenza fra perifericità nello spazio e marginalità sociale. Nuove centralità emergono nelle aree di bordo, mentre inattese forme di disagio si presentano anche nelle aree più centrali e vicine al nucleo storico (Alleva/ISTAT, 2017; Gatti, 2018). Di conseguenza, la progettualità per le periferie non potrà assumere più la forma di una pianificazione esclusivamente strategica, dovendo confrontarsi sempre più in modo plurale e transcalare con le principali discontinuità connettive con le popolazioni, trascurate dalla politica degli ultimi decenni: in particolare il divario tra vita ordinaria degli abitanti disagiati e dinamiche straordinarie della collettività; discontinuità tra persone e luoghi, compatibilità tra innovazioni globali dall’alto ed espedienti “fai da te” dal basso (Urban@IT, 2017).
Una seconda area di criticità rinvia allo scollamento che si va delineando anche nella impostazione delle strategie per la sostenibilità. Nelle aree periferiche di più recente formazione, caratterizzate da nuove forme di disagio legate alla riduzione delle occasioni di lavoro, all’impoverimento economico delle popolazioni insediate, e talvolta ai processi di veloce deindustrializzazione, l’applicazione superficiale dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 rischia di contraddire gli effetti degli interventi per il miglioramento dell’ambiente insediativo. È necessaria un’adeguata ponderazione interscalare e gerarchica degli obiettivi generali di sostenibilità per garantire innanzitutto la sopravvivenza e la riproducibilità delle risorse naturali, essenziali e fondamentali (come suolo, acqua, aria, verde, spazi aperti, cibo), prima ancora di avviare la transizione di lungo periodo per l’uscita dalla condizione di perifericità, attraverso la ricapitalizzazione e la rigenerazione delle risorse sociali, culturali ed economico-produttive locali (Ronchi, 2018).
La terza area di criticità riguarda infine i livelli d’innovazione spaziale e tecnologica che possono essere conseguiti attraverso interventi tematici o multisettoriali, mirati alla ridefinizione funzionale e alla reintegrazione delle aree di disagio urbano, sia periferiche spazialmente che marginali socialmente. È una sfida che mette in gioco alcuni temi rilevanti dell’innovazione dei progetti nelle città contemporanee (Antonini e Tucci, 2018). In particolare: bilanciare potenziali derive autoriali strategiche top down e operazioni spontaneiste bottom up; cercare ragionevoli equilibri tra le pressioni degli stakeholder del mercato edilizio-finanziario e le esigenze spaziali, culturali, produttive ed emozionali degli abitanti; rallentare le spinte neo-produttiviste ad alto consumo di suolo e di risorse con azioni mirate alla rigenerazione del capitale naturale, sociale e culturale; ampliare gli obiettivi consolidati della sostenibilità ecologica, economica e sociale estendendoli agli orizzonti emergenti della sostenibilità inclusiva, healthy, vitale, intelligente, resiliente.
La prospettiva diventa allora quella di nuovi progetti urbani necessari per affrontare alla scala giusta le forme del disagio delle aree periferiche, trattando non solo gli aspetti fisico-formali ma anche le componenti “immateriali” (governance, cultura, creatività, responsabilità sociali, imprenditorialità) (Losasso, 2018). E per affermare una cultura progettuale sempre più sensibile al contesto e aperta alle possibilità evolutive da cogliere a livello globale e locale, commisurando il progetto a realtà in continuo divenire (Clementi, 2014).
Le sfide per la rigenerazione delle periferie appaiono quindi tutt’altro che risolte e anche in termini operativi richiedono di affrontare nel prossimo futuro ulteriori livelli di approfondimento progettuale da parte degli enti pubblici beneficiari di finanziamenti pubblici, non fosse altro che per evitare di rendere vani gli sforzi e le risorse messe in campo dal 2017 a oggi.

 

Note

1. Per questa indagine, sono state analizzate le proposte che hanno ottenuto un punteggio minimo di 70/100 nella graduatoria pubblicata nel DPCM del 6 dicembre 2016. Il bando per l’avvio del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”, lanciato con il DPCM del 25 maggio 2016, prevedeva una quota di 70 punti da attribuire in considerazione della tempestività prevista nell’esecuzione delle opere. Questo secondo contributo conclude le riflessioni avviate in EWT #17/2018, “Piani per la riqualificazione delle periferie/1”; http://www.ecowebtown.it/n_17/17_05_2.html.
2. Sulla centralità del Progetto urbano le indagini condotte da EcoWebTown partono dall’assunto che sia necessario assumere una prospettiva più realistica di interventi multi-settoriali, multi-attoriali e trans-scalari, attraverso progetti declinati al minuscolo, con molteplici interventi di piccole e medie dimensioni, costruiti dal basso e al contempo congruenti con una visione strategica d’insieme. Cfr. Clementi A., Angelucci F., Di Girolamo C., Zazzero E., 2017, “Dialogo interdisciplinare per un nuovo progetto urbano: la prospettiva di EcoWebTown”, in Eyesreg - Giornale di scienze regionali, vol. 7, n.4/2017.
3. Condizione questa peraltro già verificatasi con l’improvvisa sospensione dell’erogazione dei finanziamenti sopraggiunta con il cambio degli indirizzi di Governo con il DL 91/2018, poi riattivata con il già citato accordo del 18.10.2018.

 

Riferimenti bibliografici e legislativi

Antonini E., Tucci F., a cura di, 2018, Architettura, Città e Territorio verso la Green Economy, Edizioni Ambiente, Milano.

Clementi A. 2014, “L’urbanistica di domani: una sfida per il riconoscimento di una propria carica di identità e proiezione critica verso il futuro”, in Franceschini A., a cura di, Sulla città futura. Verso un progetto ecologico, List, Trento, pp. 43-54.

DPCM 25 maggio 2016, approvazione contenuti del “Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia e della città di Aosta”, in GU Serie Generale n.127 del 01.06.2016.

Gatti F., 2018, “Periferie: l’Italia abbandonata”, in L’Espresso, 5/2018, 6/2018, 7/2018, 8/2018, 9/2018; on http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/01/29/news/viaggio-nella-torino-grillina-che-ha-abbandonato-le-periferie-1.317716.

ISTAT, 2017, “Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie” – Audizione del Presidente dell’Istituto nazionale di statistica Giorgio Alleva, ISTAT.

Losasso M. 2017, “Progettazione ambientale e progetto urbano”, in EcoWebTown. Journal of Sustainable Design #17, vol. II/2017, on http://www.ecowebtown.it/n_16/pdf/16_02-losasso-it.pdf

Ronchi E. 2018, La transizione alla Green Economy, Edizioni Ambiente, Milano, pp. 9-54.

Urban@it – Centro Nazionale di Studi per le Politiche Urbane, 2017, Sintesi del Terzo rapporto sulle città “Mind the gap. Il distacco tra politiche e città”.