Opinioni a confronto. Tre domande per un possibile Progetto urbano: Associazioni

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Livio Sacchi
intervista a cura di Domenico Potenza

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D1. Tra archeologia e urbanistica
Nella varietà delle soluzioni che sono state prospettate fino ad oggi per l’Area Archeologica Centrale di Roma, uno dei temi decisivi e più controversi riguarda il senso primario da attribuire a questo grande spazio composito dall’immenso valore simbolico, storico e culturale e al tempo stesso ricco di straordinarie valenze di animazione urbana e di attrazione turistica. Nella visione al futuro dell’area dei Fori e del suo immediato intorno urbano, sono da confermare le condizioni attuali? Oppure si devono privilegiare gli obiettivi della conoscenza archeologica e conseguentemente un uso condizionato delle nuove aree di scavo, destinate poi a diventare un parco archeologico recintato e sorvegliato? O ancora devono essere mantenute e migliorate le funzioni di attrazione urbana, lasciando lo spazio a disposizione delle molteplici popolazioni che lo affollano nei diversi tempi e lo usano come uno dei luoghi dove la città incontra gli strati più profondi della sua lunga storia? È possibile insomma conciliare archeologia e urbanistica? A quali condizioni?

Il rapporto fra il grande parco archeologico centrale di Roma e la città contemporanea è forse unico nel suo genere: non si tratta infatti di un’area di separatezza fisica e psicologica, come avviene per molte altre aree archeologiche, ma di un parco di eccezionale valore storico-artistico collocato nel cuore di una città viva e in crescita, in particolare nel baricentro geografico della maggiore città italiana. Qualsiasi progetto di valorizzazione di tale area non può prescindere da questa condizione così speciale. Le ragioni - intoccabili - dell’archeologia vanno dunque coniugate con la valorizzazione turistica, paesaggistica e urbana. Un compito, evidentemente, non facile cui non si può che rispondere con il solo strumento che abbiamo a disposizione: il progetto. Un nuovo progetto che dovrà partire dalla grande quantità di dati e di informazioni a nostra disposizione, che andranno creativamente gestiti con un approccio segnato, in primo luogo, da un maturo senso di equilibrio. Un equilibrio non facile da raggiungere: le ragioni della contemporaneità non dovranno prevalere sulle ragioni dell’archeologia e viceversa. Fra l’altro, la meraviglia di un’area archeologica deriva dalla sua vera, o almeno percepita, condizione di separatezza ideale in cui viene fruita. Il visitatore dell’area archeologica centrale romana deve quindi esser messo nelle condizioni di varcare una simbolica soglia, che gli consenta di uscire dalla contemporaneità e di accedere a un “altrove” spaziale e temporale: un prerequisito essenziale per porsi in quella condizione di “ascolto” di ciò che il passato dei fori può, ancora oggi, comunicare. La vita di ogni giorno deve, d’altra parte, continuare tutt’intorno alla grande area archeologica; è anzi auspicabile che quest’ultima sia sempre più parte integrante della città contemporanea e che, come tale, possa essere vissuta dai cittadini secondo modalità non necessariamente ed esclusivamente scientifiche o turistiche. Un parco, dunque, che da una parte costituisce il terminale settentrionale di quel cuneo verde che, dalla campagna romana, entra fin nel cuore dalla città, dall’altra offre un eccezionale plusvalore culturale in generale e archeologico in particolare. Inutile poi ricordare che l’area di cui parliamo contiene il Colosseo, che con oltre 7 milioni di visitatori è stato, nel 2017, il monumento più visitato d’Italia.
Osserviamo, in proposito, che il turismo sta assumendo oggi dimensioni quantitative e qualitative molto diverse da quelle che si verificavano in passato: nel prossimo futuro tale tendenza provocherà certamente sensibili problemi ai centri storici e alle aree archeologiche. Siamo di fronte a un fenomeno di portata eccezionale: si prevede che l’affacciarsi delle classi medie di Paesi come la Cina e l’India a nuove condizioni di benessere economico, determinerà una vera e propria impennata dei flussi turistici provenienti da tali Paesi. Intercettare e gestire tali flussi sarà una sfida importante, costituendo essi da una parte una quota percentuale della nostra economia di cui non possiamo fare a meno, dall’altra un rischio concreto contro il nostro patrimonio archeologico e architettonico e la stessa vita quotidiana delle nostre città storiche. Non a caso, a tale tema è dedicato il prossimo Forum dell’UIA, Union International des Architectes, che si terrà a Baku nel giugno 2019. L’Italia è un gigante dal punto di vista turistico, e la sua competitività è altissima, in particolare, nel settore dei beni culturali; ma ha anche perso alcune posizioni nelle classifiche recenti. È quindi necessario prestare molta attenzione e non illudersi di poter comunque sopravvivere grazie a sempre più incerte rendite di posizione.


D2. Del possibile Progetto urbano
Nonostante il conflitto ancora irrisolto delle visioni e i numerosi fallimenti progettuali finora incontrati, non c’è dubbio che sia diventato ormai urgente dotarsi di un Progetto urbano credibile e alla scala giusta, per indirizzare in modo coerente i diversi interventi che a vario titolo investono l’Area Archeologica Centrale. Ma la forma tradizionale del Progetto urbano, come disegno compiuto di un assetto fisico-funzionale a medio-lungo termine, appare ormai del tutto inadeguata a guidare le trasformazioni future. C’è piuttosto da immaginare una convincente visione per l’avvenire dell’Area; e poi l’avvio di un processo di progettazione aperto, finalizzato al conseguimento della visione prefigurata: in pratica una combinazione flessibile ed evolutiva di interventi multiscalari, traguardati in funzione della visione assunta. La visione dovrebbe essere condivisa quanto più possibile dalla città, dalle istituzioni e dall’opinione pubblica internazionale, e alimentata operativamente dalle ingenti risorse attivabili in presenza di un progetto ben costruito e affidabile. Quali dovranno essere i temi più rilevanti del nuovo Progetto urbano per l’Area archeologica centrale di Roma, quale la sua forma e soprattutto quali le modalità d’attuazione possibili, nella nostra epoca sempre più dominata dall’incertezza e dall’imprevedibilità per il futuro?

Mi pare che un buon punto di partenza possano essere i progetti emersi dalla consultazione internazionale promossa nel 2016 dall’Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia, dal Piranesi Prix de Rome e dall’Ordine degli Architetti di Roma. I risultati conseguiti appaiono di altissimo livello. I tre progetti selezionati - quello dello Studio Valle con la Sapienza e con Franco Purini, Alberto Clementi, Livio de Santoli, Adriano La Regina e Laura Thermes; quello di Riccardo Petrachi con Roma Tre e Luigi Franciosini; quello di David Chipperfield con l’università di Stuttgart - mi sembrano tutti molto interessanti, pur nelle loro specificità e diversità.


D3. Un programma a breve
Intanto che si discute la visione programmatica sono in corso interventi eterogenei ed emergenziali che rischiano di modificare in modo rilevante lo stato dell’area, prima ancora di avere a disposizione una prospettiva convincente per il progetto d’insieme, mirato a migliorare l’assetto complessivo evitando gli effetti controproducenti di interventi estemporanei o troppo settoriali. In particolare alcune questioni aperte che attendono risposte tempestive riguardano: a. l’inserimento della nuova stazione della linea C della metropolitana; b. la sistemazione dello scavo degli Auditoria di Adriano a piazza Venezia; c. la disciplina del traffico dei bus turistici; d. la regolazione dell’uso di via dei Fori imperiali; e. come far fronte al persistente degrado indotto da presenze abusive che involgariscono tutta l’area. In attesa della definizione del Progetto urbano complessivo, quali sono a suo avviso le azioni più urgenti da intraprendere? E chi dovrebbe farsene carico?

I problemi richiamati dimostrano che il ridisegno dell’area archeologica centrale è qualcosa di cui la città ha urgente bisogno. La sua importanza strategica per il futuro è indubbia: l’area costituisce uno dei principali motivi per cui studiosi e turisti visitano Roma. Si tratta del più straordinario parco archeologico che sia dato immaginare: per la sua collocazione centrale e, quindi, facilmente raggiungibile; per l’eccezionalità delle sue rovine e, quindi, per il suo carattere scientifico e museografico; per le sue valenze mitologiche e simboliche, ma anche artistico-visive e narrativo-letterarie; per la tangibile stratificazione storica che vi si determina e per il rapporto con la città moderna; per i suoi valori paesaggistici; per la qualità degli spazi pubblici, in gran parte già evidente, ma che ancora di più potrebbe potenzialmente svilupparsi.
I fori, per come ci appaiono oggi, sono una scenografica invenzione della modernità. Furono infatti i coraggiosi anni Trenta a vedere la demolizione del quartiere che insisteva sulla via Alessandrina, l’esecuzione di imponenti scavi e la realizzazione della via dell’Impero. Non c’è insomma alcun motivo di considerare la situazione attuale come intoccabile. Peraltro, l’idea di collegare via del Corso al Colosseo non è nuova: risale al periodo napoleonico e fu ripresa con l’unità d’Italia. Un’idea forte e certamente discutibile, che alla fine ha generato l’immagine cui siamo tutti abituati. A tali considerazioni ne andrebbero aggiunte altre, di carattere più particolare: oltre ai problemi giustamente posti nella domanda, non è chiaro, per esempio, dove e quali siano gli accessi e se, oggi, essi debbano avere connotazioni fisiche e non, magari, digitali; carenti per gli standard contemporanei appaiono poi i servizi; incerto appare infine il  tema della  viabilità carrabile dell’intera area: senza  per questo confondere il livello progettuale con quello gestionale, sarebbe bene che un nuovo progetto la limitasse a quella di emergenza. L’attuale regime di semi-pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali è comunque un segnale positivo in tal senso, certamente gradito a cittadini e visitatori.  
Per concludere, ci sembra davvero che le tre soluzioni citate, insieme alle altre emerse dalla consultazione del 2016, costituiscano una piattaforma da cui partire: si tratta di soluzioni sufficientemente diverse e articolate, in grado quindi di innescare, ancora una volta, un ragionamento progettuale: siamo convinti che il futuro di uno dei luoghi urbani più preziosi di cui l’intera umanità sia mai stata erede nel corso del tempo passi, semplicemente, per un concorso internazionale in due fasi.  








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