Opinioni a confronto. Tre domande per un possibile Progetto urbano: Associazioni

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Giuseppe Roma
intervista a cura di Claudia Di Girolamo

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D1. Tra archeologia e urbanistica
Nella varietà delle soluzioni che sono state prospettate fino ad oggi per l’Area Archeologica Centrale di Roma, uno dei temi decisivi e più controversi riguarda il senso primario da attribuire a questo grande spazio composito dall’immenso valore simbolico, storico e culturale e al tempo stesso ricco di straordinarie valenze di animazione urbana e di attrazione turistica. Nella visione al futuro dell’area dei Fori e del suo immediato intorno urbano, sono da confermare le condizioni attuali? Oppure si devono privilegiare gli obiettivi della conoscenza archeologica e conseguentemente un uso condizionato delle nuove aree di scavo, destinate poi a diventare un parco archeologico recintato e sorvegliato? O ancora devono essere mantenute e migliorate le funzioni di attrazione urbana, lasciando lo spazio a disposizione delle molteplici popolazioni che lo affollano nei diversi tempi e lo usano come uno dei luoghi dove la città incontra gli strati più profondi della sua lunga storia? È possibile insomma conciliare archeologia e urbanistica? A quali condizioni?

L’area archeologica romana è una straordinaria risorsa della città. L’elemento che, forse più di ogni altro, costituisce il carattere distintivo e dà un senso di unicità a Roma. Il suo assetto urbanistico pone pertanto questioni non riscontrabili in nessun altro contesto metropolitano. Il “cuore” della città coincide e rende visibili le sue radici arcaiche, e ciò rappresenta davvero un fattore di assoluta straordinarietà. Infatti abbiamo eccezionali siti archeologici capaci di offrire una plastica rappresentazione delle civiltà antiche, pensiamo a Tikal in Guatemala o Chichen Itza in Messico o Angkor in Cambogia o più semplicemente Ostia Antica, Pompei o Paestum. Per tutti questi importanti insediamenti archeologici si pongono molte e diversificate questioni gestionali, filologiche, di rappresentazione, di comunicazione, ma solo a Roma un’area archeologica ha vissuto negli anni in maniera osmotica con lo sviluppo della città, ha rappresentato un luogo vissuto, un giacimento di materiali da riutilizzare. A seconda delle fasi storiche il nucleo romano antico ha rappresentato un polo di riferimento attorno a cui sviluppare la città, o anche un punto da cui rifuggire, disperdendo le nuove centralità da dove far ripartire una Roma ferita o saccheggiata. Pertanto è indispensabile una relazione fra archeologia e urbanistica sulla base di alcune condizioni irrinunciabili. Innanzitutto il mantenimento e la corretta gestione dei giacimenti archeologici, di ulteriori interventi scientifici necessari per ampliare conoscenza storica e dimensioni del sito archeologico. Ma contestualmente bisogna saper affrontare, nella maniera più opportuna, le due domande che si scaricano nell’area centrale: quella dei cittadini in termini di relazioni quotidiane, e quella dei flussi turistici che vanno organizzati in maniera opportuna per evitare che sia soffocata.


D2. Del possibile Progetto urbano
Nonostante il conflitto ancora irrisolto delle visioni e i numerosi fallimenti progettuali finora incontrati, non c’è dubbio che sia diventato ormai urgente dotarsi di un Progetto urbano credibile e alla scala giusta, per indirizzare in modo coerente i diversi interventi che a vario titolo investono l’Area Archeologica Centrale. Ma la forma tradizionale del Progetto urbano, come disegno compiuto di un assetto fisico-funzionale a medio-lungo termine, appare ormai del tutto inadeguata a guidare le trasformazioni future. C’è piuttosto da immaginare una convincente visione per l’avvenire dell’Area; e poi l’avvio di un processo di progettazione aperto, finalizzato al conseguimento della visione prefigurata: in pratica una combinazione flessibile ed evolutiva di interventi multiscalari, traguardati in funzione della visione assunta. La visione dovrebbe essere condivisa quanto più possibile dalla città, dalle istituzioni e dall’opinione pubblica internazionale, e alimentata operativamente dalle ingenti risorse attivabili in presenza di un progetto ben costruito e affidabile. Quali dovranno essere i temi più rilevanti del nuovo Progetto urbano per l’Area archeologica centrale di Roma, quale la sua forma e soprattutto quali le modalità d’attuazione possibili, nella nostra epoca sempre più dominata dall’incertezza e dall’imprevedibilità per il futuro?

Il Progetto urbano, prima di essere un disegno, deve definire una strategia credibile. Il Parco archeologico centrale di Roma costituisce un punto di ineludibile attrazione per flussi crescenti di visitatori che vengono dall’Italia e dall’estero, in ragione dell’elevato interesse a realizzare una diretta esperienza di visita alle vestigia di Roma antica. Si può certo orientare, forse rallentare tale flusso, molto più difficile è regolamentarlo o contrastarlo. Il turismo è destinato a diventare la più grande industria del futuro. Già nei prossimi anni un miliardo e mezzo di persone si muoveranno a livello internazionale annualmente per visitare un altro paese, e Roma resta in cima ai desideri di gran parte dei viaggiatori dell’Est come dell’Ovest del mondo. Il problema cruciale è come organizzare in maniera sostenibile l’impatto di un tale flusso. C’è poi la necessità di evitare che il Parco archeologico centrale costituisca un’entità separata per i cittadini romani. Il progetto pertanto dovrà consentire una rilevante permeabilità del Parco archeologico per una visita o comunque un transito di persone che escluda il traffico veicolare individuale, ma non necessariamente il trasporto pubblico e quello ciclo-pedonale. Per quanto riguarda i flussi turistici vi sono due alternative: regolazioni e limitazioni che comunque non possono che abdicare a un certo spontaneismo nell’uso delle aree non soggette a controllo e bigliettazione. Ovvero pensare a una diversa organizzazione in grado di spostare gli accessi verso il sito archeologico e diluire, attraverso percorsi pedonali, l’arrivo nelle zone di maggiore attrattività. In altri termini accettare la sfida che sarà sempre più pressante di un flusso continuo di visitatori, organizzando le strutture indispensabili alla loro accoglienza e smistamento. L’alternativa (come chiusure, ticket, numeri chiusi) è apparentemente più drastica, ma nei fatti lascia spazio a quegli aggiustamenti spontanei che finiscono per deteriorare un’ampia area limitrofa al Parco centrale.


D3. Un programma a breve
Intanto che si discute la visione programmatica sono in corso interventi eterogenei ed emergenziali che rischiano di modificare in modo rilevante lo stato dell’area, prima ancora di avere a disposizione una prospettiva convincente per il progetto d’insieme, mirato a migliorare l’assetto complessivo evitando gli effetti controproducenti di interventi estemporanei o troppo settoriali. In particolare alcune questioni aperte che attendono risposte tempestive riguardano: a. l’inserimento della nuova stazione della linea C della metropolitana; b. la sistemazione dello scavo degli Auditoria di Adriano a piazza Venezia; c. la disciplina del traffico dei bus turistici; d. la regolazione dell’uso di via dei Fori imperiali; e. come far fronte al persistente degrado indotto da presenze abusive che involgariscono tutta l’area. In attesa della definizione del Progetto urbano complessivo, quali sono a suo avviso le azioni più urgenti da intraprendere? E chi dovrebbe farsene carico?

La prima importante azione è quella di arrivare in tempi relativamente brevi (sei mesi?) alla definizione di una strategia attraverso il più ampio coinvolgimento delle diverse componenti civiche, culturali e scientifiche, dando un messaggio preciso su dove si vuole arrivare, seppure nel medio periodo. E bisogna spingere per un grande progetto di urbanistica e architettura contemporanea che sia al tempo stesso di salvaguardia e di integrazione con il resto della città. In questo modo si possono orientare le singole necessarie decisioni che dovranno esser prese con urgenza. Fra queste indispensabili sono l’utilizzo della metropolitana come fondamentale modo di trasporto da utilizzare per l’accesso all’area archeologica. Il messaggio in questo senso rende possibile la limitazione dell’uso dei bus turistici, che costituiscono il principale elemento di degrado, non solo per l’area archeologica ma per l’intera città di Roma. Per tale ragione è indispensabile regolare in tempi brevissimi i limiti invalicabili oltre i quali ai pullman turistici non è consentito l’accesso. Terza e importante linea di lavoro è la definizione di una road map per arrivare al nuovo assetto, individuando in quale area limitrofa è possibile realizzare una grande piattaforma di ordinata accoglienza di flussi turistici e i relativi itinerari pedonali di progressivo avvicinamento all’area centrale. Definito il Masterplan di massima, per il quale già esistono idee e abbozzi di progettualità, si potrà procedere a realizzare da un lato le formali procedure urbanistiche e dall’altro la chiamata a raccolta delle migliori intelligenze per selezionare il progetto più adeguato alla modernizzazione del sistema archeologico centrale.