Nel progetto di rigenerazione sostenibile di un territorio urbano, un ruolo chiave è esercitato dalle green networks. Queste reti hanno il compito di integrare, spesso anche di soppiantare, le tradizionali opere di urbanizzazione primaria definite nella legislazione urbanistica vigente in Italia. Le green networks comprendono in realtà una varietà di reti, combinate flessibilmente lungo corridoi infrastrutturali multitasking che sono mirati a innervare in particolare la rigenerazione ambientale delle parti già costruite della città esistente. Sono le reti verdi, che danno continuità agli spazi aperti pubblici e privati dotandoli di una varietà di impianti vegetazionali, particolarmente vocati al mantenimento dei valori di biodiversità; le reti blu, ovvero il sistema delle acque e dei loro spazi di pertinenza, che svolgono funzioni determinanti ai fini del funzionamento degli ecosistemi, e che hanno un ruolo rilevante anche rispetto alle morfologie e ai valori identitari delle città; le reti rosse della mobilità sostenibile, che contribuiscono in modo decisivo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e dei consumi energetici; le reti viola della produzione e distribuzione dell’energia, che hanno l’obiettivo di condurre al progressivo ridimensionamento dei sistemi fuel oriented a favore delle energie pulite e rinnovabili; e infine le reti brown, ovvero dei rifiuti, che devono garantire lo smaltimento ordinario dei rifiuti solidi valorizzando il loro riciclaggio.
Tutte queste reti, intese come articolazioni specifiche delle green networks, sono deputate a catalizzare gli effetti di rigenerazione sostenibile, con l’obiettivo di canalizzarne la propagazione nello spazio e nel tempo, per conseguire livelli di prestazione sia qualitativi e quantitativi appropriati rispetto a standards predeterminati, non diversamente del resto da quanto avviene per gli standards dei servizi pubblici. Inoltre le green network fungono da vere e proprie infrastrutture ambientali, che assolvono una varietà di funzioni sia in termini ecologici che urbanistici. Sotto il profilo ambientale, contribuiscono in particolare alla riproduzione dei processi naturali locali. Nel caso di Chieti, istituendo corridoi di naturalità per la connessione tra la Città alta e la Città della Piana, incrementano il grado di diversità biologica e le stesse capacità auto-rigenerative dell’ecosistema locale. In termini urbanistici, favoriscono la continuità dello spazio collettivo, sottraendolo alle sovrapposizioni con il traffico urbano, e generando risultati positivi sia in termini di qualità ambientale che di valori d’uso.
Gli spazi interessati da questa strategia sono in linea di principio gli spazi aperti destinati a verde pubblico e privato, integrati dove possibile dalla grande varietà di spazi dismessi e residuali esistenti, vuoti urbani e soprattutto di spazi a verde previsti negli strumenti di piano e resi disponibili grazie alla loro cessione da parte dei privati, sia in termini di oneri di urbanizzazione che di permute o compensazioni per lo sviluppo edilizio. In particolare per ciò che attiene le “reti blu” si prevede di utilizzare prevalentemente i corsi d’acqua e i canali preesistenti, spesso interrati per lasciare spazio all’asfalto o alle reti d scarico delle acque.
Nella soluzione proposta a Chieti il sistema delle acque viene considerato non solo come un patrimonio da tutelare, ma anche come una risorsa preziosa ai fini della configurazione dei sistemi ambientali e paesaggistici, nonché della qualificazione degli assetti insediativi locali. Così il progetto di gestione sostenibile del ciclo dell’acqua a Chieti assume molteplici obiettivi, che riguardano le diverse articolazioni dei sistemi insediativi e ambientali locali, con particolare riferimento al miglioramento delle prestazioni ecologiche. Contribuisce poi in misura significativa alla riduzione delle superfici impermeabilizzate, agendo sul suolo e sulle pavimentazioni. Favorisce infine una regimazione più efficace, con sistemi di stoccaggio temporaneo delle acque meteoriche di prima pioggia al fine di evitare esondazioni localizzate o il sovraccarico del sistema fognario e depurativo, considerando che queste acque potrebbero invece essere meglio utilizzate per limitare l’uso non alimentare di acqua sollevata da falda o captata da sorgenti e potabilizzata.
Scontata la difficoltà di restituire l’organicità originaria della rete dei torrenti e dei loro affluenti preesistenti ai processi di urbanizzazione,il progetto propone di ripristinare la leggibilità del sistema originario delle acque lavorando sulle loro tracce, rigenerate quando possibile in ambienti umidi da interconnettere a rete; e, quando non possibile immediatamente, dirottando altrove usi incongrui, con l’obiettivo di avviare un processo graduale di riqualificazione ambientale e paesaggistica dell’area associata alla loro presenza.
La rete della mobilità urbana qui mette in conto non soltanto la necessità di ricorrere alle tradizionali strategie di razionalizzazione della mobilità veicolare attraverso il piano del traffico urbano, ovvero quelle più mirate di sostituzione del parco auto con nuovi mezzi “a emissione zero”, soprattutto nell’ambito del trasporto pubblico. Si preoccupa anche di mettere in opera strategie specifiche di potenziamento della mobilità dolce, con percorsi pedonali e ciclabili che dovrebbero concorrere alla limitazione del traffico attualmente affidato quasi esclusivamente ai mezzi individuali su gomma.
Le reti dell’energia integrano la produzione ricavata dai singoli edifici industriali e residenziali con il fotovoltaico, bilanciando i singoli apporti all’interno di una rete che in prospettiva può diventare autosufficiente.
Infine per la rete dei rifiuti solidi urbani, si propongono nuove modalità di gestione integrata delle fasi di produzione, raccolta, smaltimento e trattamento finale dei residui, con la realizzazione di opportune attrezzature da mettere a sistema sia nell’ambito del ciclo dei rifiuti che delle relazioni con gli altri cicli metabolici (riferiti a beni alimentari, acque, aria, suolo). In particolare, lungo le green networks, per il trattamento dei rifiuti domestici sono previste reti dedicate con centri di raccolta, centri di trasferimento, centri di smistamento, centri di stoccaggio dei rifiuti domestici ultimi, centri di valorizzazione energetica, centri di valorizzazione dei prodotti della combustione. Questi primi interventi preludono a una strategia più organica di articolazione della città in un insieme di ambiti integrati di gestione flessibile dei rifiuti e di produzione-distribuzione di calore ed energia derivata, con impianti di cogenerazione che possono lavorare più efficacemente, anche perché avvicinano le utenze al recapito finale di trattamento e recupero dei materiali selezionati.
In definitiva, il progetto green networks dovrebbe contribuire alla rigenerazione sostenibile della città esistente, operando sui metabolismi ambientali locali, nella prospettiva della riduzione generalizzata dei consumi di risorse non riproducibili. Si rinvia di fatto alla visione di una città articolata funzionalmente e morfologicamente in eco-distretti che consentono la chiusura locale dei cicli, con una forte riduzione della loro impronta ecologica locale (A.Clementi, 2013).
Il progetto delle green networks sperimentato dal Laboratorio Chieti attualizza la prospettiva di miglioramento delle reti infrastrutturali esistenti, consentendo anche di orientare i futuri investimenti pubblici e privati non sulle opere di urbanizzazione più tradizionali, ma piuttosto sul loro adeguamento innovativo, assistito da dispositivi smart che rinviano all’impiego di tecnologie digitali mirate a ottimizzare le funzionalità di rete. Si tratta in effetti di un progetto ancora di natura intersettoriale, che per diventare progetto urbano a tutti gli effetti ha bisogno di prevedere la realizzazione di alcuni nodi di centralità urbanistico-ambientale localizzati lungo i tracciati delle reti. Questi nodi dovrebbero agire come condensatori catalitici che integrano le funzionalità ambientali deputate alla sostenibilità con i valori di animazione urbana e attrattività propri degli spazi pubblici. Questo aspetto del programma è ancora tutto da sperimentare, ed è quanto il Laboratorio Chieti consegna al futuro sviluppo della ricerca.