Parole chiave: Partecipazione, Demolizione, Ricostruzione, Rinascita.
Abstract:
Il Programma periferie rappresenta una straordinaria occasione per ripensare parti di città caratterizzate da situazioni di marginalità urbana e sociale. In questo articolo si racconta del progetto di rinascita dell’area delle “Vele di Scampia”, quartiere simbolo, nell’immaginario collettivo non solo napoletano, del degrado urbano e civile delle periferie italiane. Il racconto si svolge attraverso l’analisi della storia dell’insediamento urbano, delle ragioni della sua crisi e del consolidato protagonismo degli abitanti alla ricerca di soluzioni in un quadro, non sempre facile, di collaborazione con le istituzioni. Alle conclusioni è affidata una sintetica riflessione sui principali fattori di successo delle operazioni di trasformazione urbana che abbiano come presupposto la demolizione del patrimonio edilizio esistente.
Ragioni e contenuti del progetto
L'Amministrazione Comunale di Napoli è impegnata a promuovere e a favorire processi di riqualificazione e di rafforzamento dell'armatura urbana della Città Metropolitana, soprattutto nelle aree periferiche, in grado di creare nuove centralità in un'ottica sovracomunale. In questo quadro ha individuato l'area delle “Vele di Scampia” quale elemento di cerniera con i Comuni limitrofi, dove localizzare alcune funzioni privilegiate a carattere metropolitano e territoriale, in grado di dare una nuova articolazione alla composizione sociale del quartiere. Da qui il titolo del programma “Restart Scampia: da margine urbano a nuovo centro dell’area metropolitana”, finanziato per 18 milioni di euro nell'ambito del Programma Periferie a cui vanno aggiunti 9 milioni di euro a valere sul PON Metro.
Il quartiere Scampia, dove è localizzato il complesso di edifici denominati “Vele”, si trova nella periferia nord della città. Ha una popolazione di 40.860 abitanti e si estende su una superficie di 4,23 kmq con una densità abitativa di quasi 10.000 ab/kmq. (fig. 1)
È un insediamento urbano relativamente giovane essendo nato in seguito ai consistenti interventi di edilizia residenziale pubblica localizzati nelle aree periferiche della città con l’approvazione del Piano di Zona nel 1964. (fig. 2)
L’impianto urbanistico del quartiere si caratterizza per la presenza di grandi assi attrezzati che delimitano ampie porzioni di territorio all’interno delle quali sono state costruite tipologie edilizie con caratteristiche architettoniche molto diverse tra loro, accomunate solo dalla grande scala e dalle consistenti quantità di spazio aperto indefinito che li divide (Stenti 2003).
Il risultato è che a Scampia ritroviamo tutti quegli elementi che hanno caratterizzato l'edilizia concepita a realizzata tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso:
In questo contesto urbano si collocano le “Sette Unità di abitazione” progettate da Francesco di Salvo a partire dal 1968, costruite tra numerose manomissioni e colpevoli ritardi dalla Cassa per il Mezzogiorno fino al 1980 (Dal Piaz, 198) (figg. 3-4).
Realizzate per dare risposta alla crescente domanda di abitazioni a basso costo per fasce economicamente svantaggiate (istanza che aveva avuto negli anni ’50 e nei primi anni ’60 pregevoli e convincenti risposte nei quartieri Ina-casa prima, e poi nei “quartieri coordinati” Cep) le Vele si caratterizzano per una profonda mutazione dei modelli edilizi del quartiere popolare, dando luogo a contenitori abnormi e alienanti totalmente privi delle pertinenze connesse alle abitazioni (negozi, servizi per la persona ed altro). Inoltre si caratterizzano per essere fondati su modelli di sperimentazione progettuale non soggetta a forme adeguate di controllo e sull'impiego di tecnologie costruttive carenti e inadeguate. I limiti principali delle scelte politiche, economiche e progettuali che hanno guidato la formazione dell'insediamento delle Vele di Scampia possono essere ancora ricercati nella definizione di una gigantesca scala d'intervento; nella mancanza di un organico rapporto con la comunità e con il contesto fisico; nella rottura dell'omogeneità della struttura sociale del quartiere, secondo cui l'accesso alle abitazioni viene “riservato” alle famiglie con reddito basso, determinando di fatto una forma di ghetto per reddito. Un fallimento, questo, per certi aspetti indipendente dalle scelte architettoniche compiute nei singoli insediamenti e legati alla stessa pretesa di costruire delle “macchine per abitare”, mostratesi, nel tempo, imperfette soprattutto per la loro incapacità di assorbire modificazioni, alterazioni, difformità inevitabili nel passaggio tra progetto e realizzazione (Ricci, 1993).
Dal punto di vista tipologico, esse sono unità abitative a corpo doppio con un vuoto centrale che accoglie un sistema distributivo costituito da strade pensili collocate a piani alterni da cui partono le scale che servono a due a due gli alloggi. Si tratta quindi di un articolato sistema tipologico in cui sono presenti contemporaneamente tipi edilizi a ballatoio e tipi edilizi in linea, cioè gli elementi base che hanno costituito la città moderna. Nel progetto originario, nel lotto M, erano previsti tre fabbricati a tenda e due a torre; mentre nel lotto L erano previsti un fabbricato a tenda e due a torre. In realtà sono stati realizzati solo sette edifici di cui 2 a tenda, 2 a torre e 3 con una variante del tipo a torre priva di corpi bassi. Questi sette edifici, destinati ad ospitare 1.200 famiglie sono, però, fondamentalmente diventati oggetti isolati a causa della mancata realizzazione delle sistemazioni esterne dei lotti L e M e dei servizi nel lotto centrale.
Rispetto alle altre esperienze razionaliste di quegli anni il progetto delle Vele non lavora su un corpo unico con appartamenti con doppio affaccio, ma su due veri e propri edifici distinti affiancati alla esigua distanza di 10.80 metri.
Inoltre, nel passaggio dal progetto alla realizzazione sono state variate alcune caratteristiche inizialmente previste dal progetto:
Nel momento in cui vengono consegnati i primi alloggi già risultano evidenti i limiti progettuali e realizzativi che porteranno, insieme ad altri fattori sociali ed economici, alla situazione di degrado attuale (figg. 5-6-7).
L'oggettiva formazione di una ghettizzazione degli abitanti è ulteriormente sottolineata dalla scelta omologante, voluta al tempo, del livello sociale delle famiglie assegnatarie, appartenenti alla medesima bassa fascia di reddito o senza reddito.
La denuncia dello scandalo delle condizioni abitative delle “Vele” viene da subito manifestata dai Comitati degli abitanti. È del marzo 1988, la prima violenta protesta, nell'ambito di un convegno tenutosi alla sala Santa Chiara di Napoli, cui seguono mobilitazioni e la prima conferenza dei Capigruppo del Comune di Napoli, attivatisi al fine di costituire una Commissione Tecnica per accertare responsabilità e possibilità d’intervento. La Commissione si insedia nel 1989 e già nel marzo dello stesso anno conferma i guasti denunciati nelle assemblee, con particolare rilievo alle condizioni statiche, alle caratteristiche termoigrometriche, all'agibilità dei sistemi tecnologici, alle condizioni abitative e urbanistiche.
In conseguenza delle mobilitazioni e delle indicazioni tecniche, il Comune delibera il 10 giugno 1989 di assoggettare i lotti su cui ricadono le Vele (L e M) a Piani di Recupero ai sensi della legge 457/1978. La fattibilità del Piano di Recupero è verificata in accordo con gli abitanti con una proposta progettuale che prevede la realizzazione di corpi di fabbrica di 3-4 piani, con scale relazionate a 6-8 famiglie, corti di pertinenza sistemate a verde, separazione dei percorsi e realizzazione di nuovi luoghi di relazione sociale.
Le sollecitazioni poste all'Amministrazione cittadina portano nel 1994 all'approvazione di una delibera che prevede l'abbattimento (anche se parziale) delle Vele e, nel 1995, all'approvazione del Piano di Riqualificazione “Vele-Scampia”, redatto sulla scorta di studi e proposte progettuali della Facoltà di Architettura di Napoli (Martinelli e Santoro, 2004)
La demolizione delle prime tre Vele avviene con gli abbattimenti dell'11 dicembre 1997, del 22 febbraio 2000 e del 29 aprile 2003. L'apertura dei cantieri delle nuove case, per il trasferimento dei nuclei familiari presenti negli edifici da demolire, ha inizio nel 1997 e si è conclusa recentemente con l’assegnazione degli ultimi alloggi.
Tutti gli interventi realizzati e, successivamente, quelli programmati o in fase di programmazione, hanno tenuto conto di una serie di riflessioni sul quartiere di Scampia e sulle vele, cominciate nel 1990 e che hanno avuto vari momenti di approfondimento attraverso studi specifici molto spesso frutto di convenzioni tra il comune di Napoli e l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Tra le principali si segnalano:
Ed è proprio dalle soluzioni e da alcuni materiali di quest'ultimo studio che si è partiti per la definizione della soluzione progettuale, condivisa con gli abitanti e presentata nell’ambito del Bando Periferie.
La proposta per l’intervento di riqualificazione urbana prevede, dunque, in una prima fase l'abbattimento di tre Vele su quattro e la riqualificazione della quarta vela, destinata in una prima fase ad alloggi temporanei per poi essere destinata a funzioni pubbliche. Tale programma non può essere disgiunto da un piano più complessivo che prevede la dotazione di servizi urbani integrati, di attrezzature collettive, di servizi alla persona, di forte presenza istituzionale. In particolare:
Strategia di rispondenza al bando 2016
I progetti che intendevano candidarsi per ottenere un finanziamento nell’ambito del Bando periferie dovevano avere, sostanzialmente, tre tipi di requisiti fondamentali. Il primo era legato all’attuazione dei progetti che non dovevano prevedere alcun consumo ulteriore di suolo; il secondo alla conformità urbanistica degli interventi da attuare; il terzo alla rispondenza dell’intervento proposto rispetto alle tipologie di azione previste dall’articolo 2 del Bando. In questa cornice normativa l’Amministrazione Comunale di Napoli ha subito individuato l’area di Scampia come quella dalle caratteristiche maggiormente rispondenti alle tipologie di azione che il bando stesso finanziava. Infatti, l’intervento proposto, oltre ad essere conforme agli strumenti urbanistici e a non consumare suolo, era perfettamente rispondente alle azioni previste dalla lettera b) dell’art. 4 del bando1 (progetti di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti, per finalità d’interesse pubblico) e dalla lettera c) dello stesso art. 4 (progetti rivolti all’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana.
Inoltre il programma d’interventi denominato “Restart Scampia” è stato messo a punto in stretta sinergia con la Città Metropolitana per giungere ad una proposta complessiva e coordinata che avesse nel quartiere di Scampia il suo fulcro principale. In questo quadro la Città Metropolitana ha sviluppato, nell’ambito del Bando, una proposta progettuale incentrata su interventi di miglioramento dell’accessibilità al quartiere (riqualificazione della Perimetrale Melito-Scampia, della Circumvallazione Esterna di Napoli, svincolo di Scampia con la Perimetrale) oltre alla riqualificazione e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
Complessivamente, quindi, si può affermare che la strategia complessiva, misurabile attraverso le tipologie e le caratteristiche dei progetti proposti, è finalizzata a ottenere alcuni risultati così sintetizzabili:
Integrazione con altre esperienze compiute o in progress
Il programma Restart Scampia si pone in un’ottica di completamento del Programma di Riqualificazione Urbana Vele-Scampia, approvato a metà degli anni novanta e che intendeva perseguire i seguenti obiettivi:
Di questo ambizioso programma, come già detto, è stato realizzata solo una parte che ha riguardato sostanzialmente la demolizione di tre vele e la sistemazione in altri alloggi degli occupanti. Si tratta ora di agire sul resto delle demolizioni e sulla costruzione di un moderno quartiere dotato di tutte le infrastrutture e i servizi. Una volta completato il programma di demolizioni, quindi, si passerà alla seconda fase dell’intervento di riqualificazione per cui è disponibile già un finanziamento di 30 milioni di euro nell'ambito del “Patto per lo sviluppo della città metropolitana di Napoli”2. Il nuovo quartiere prenderà forma sulla base dell'esito di un concorso internazionale di progettazione che avrà il compito di disegnare un nuovo quartiere fatto non solo di residenze, ma di servizi, infrastrutture e spazi verdi a scala metropolitana. Tutto questo in un processo condiviso e partecipato con le realtà sociali e culturali dell'area a partire dal Comitato Vele che da oltre trent'anni rappresenta un punto di riferimento per tutti i cittadini del quartiere e che agisce molto spesso da vero e proprio “facilitatore” nei complessi rapporti tra abitanti e pubblica amministrazione.
Risposte tecnologiche, criticità attuative, ricadute operative
Fin dalla stesura del progetto di fattibilità tecnica ed economica particolare attenzione è stata posta sia allo studio della mitigazione degli impatti sull’ambiente, che all’utilizzo di tecniche di demolizione e di ristrutturazione idonee a intervenire in contesti fortemente urbanizzati.
La demolizione dei fabbricati sarà effettuata utilizzando la tecnica della demolizione meccanica top-down mediante escavatori cingolati allestiti con pinza oleodinamica dotati di braccio HRD high reach demolition. Le demolizioni riguarderanno tutte le strutture in elevazione delle Vele A, C e D fino all’estradosso della pavimentazione del livello più basso. Sono quindi escluse dalla demolizione la pavimentazione controterra e le opere di fondazione di ogni fabbricato. Le operazioni di demolizione seguiranno un ordine ben preciso e saranno eseguite con tecniche e accorgimenti in grado di assicurare la salvaguardia e la sicurezza degli operatori e degli operai. La Tabella che segue illustra sinteticamente, per ogni fase, gli interventi che si andranno a eseguire:
I principali aspetti, invece, sui quali si è focalizzato l’intervento di riqualificazione della Vela B riguardano: (fig. 8)
Rispetto alle soluzioni tecnologiche e operative adottate in sede di redazione del progetto esecutivo appare chiaro che l’elemento di maggiore criticità riguarda le operazioni di svuotamento delle Vele dai residui nuclei familiari che le occupano ancora. In questo contesto non privo di difficoltà e tensioni sociali, l’Amministrazione Comunale sta procedendo, in questa fase, a programmare lo spostamento degli abitanti al fine di consentire l’avvio dei lavori di abbattimento del primo edificio.
Conclusioni
I processi di riqualificazione urbana attuati attraverso interventi di demolizione e ricostruzione di edifici pubblici e/o privati non hanno nel nostro paese una grande tradizione, al contrario di altri paesi europei dove va consolidandosi con un ventaglio di esperienze già abbastanza significativo (Ricci, 2006)
In questo quadro tre sono gli obiettivi che vanno perseguiti al fine di determinare il successo di un'operazione di riqualificazione che abbia come presupposto la demolizione del patrimonio edilizio esistente:
In rapporto ai tre aspetti evidenziati, va detto che nella difficile realtà napoletana non sempre le condizioni citate sono di facile realizzazione per cui le ipotesi che in questi anni l’Amministrazione ha predisposto rappresentano un segnale di possibile riscatto che prefigura uno scenario non velleitario ma concreto nella direzione di un significativo innalzamento della qualità di vita e della condizione abitativa per questi luoghi. La previsione d’incremento e opportuna integrazione di attrezzature secondarie a servizio delle unità residenziali, il completamento del piano degli abbattimenti, la necessità di definire un ridisegno complessivo dell’intero comparto in un rinnovato rapporto con le aree a verde e gli aspetti di sostenibilità ambientale e durevolezza degli edifici, nonché la previsione di centri per la formazione e l’avviamento al lavoro (la cui mancanza è causa prima di ogni degrado e di dissoluzione di ogni tessuto civile e comunitario), sono oggi al centro della discussione che riguarda questa parte di città impegnata a scrollarsi un’immagine negativa che da troppi anni la caratterizza.
L’autore:
Massimo Santoro, architetto e dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e urbana, ha conseguito un master in urbanistica nell’amministrazione pubblica. È stato dirigente in diversi comuni dell’area metropolitana di Napoli e Caserta. Attualmente è Direttore della Direzione centrale pianificazione e gestione del territorio del comune di Napoli.
Note
1. DPCM 25 maggio 2016 “Approvazione del bando con il quale sono definiti le modalita' e la procedura di presentazione dei progetti per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia e della città di Aosta”.
2. Il “Patto per lo sviluppo della città metropolitana di Napoli” è un accordo firmato il 26 ottobre 2016 tra il Sindaco metropolitano e il Presidente del Consiglio dei Ministri in cui si impegnano ad avviare e sostenere un percorso unitario di intervento sul territorio dell’Area Metropolitana di Napoli, finalizzato allo sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’area, nonché alla sostenibilità ambientale ed alla sicurezza del territorio. Il Patto è finanziato, con risorse a valere sul FSC 2014/2020, per circa 300 milioni di euro e prevede interventi nelle seguenti 5 aree: infrastrutture, ambiente e territorio, sviluppo economico, valorizzazione culturale, rafforzamento pubblica amministrazione.
Riferimenti bibliografici
Stenti S., 1995, Napoli moderna. Città e case popolari 1868-1980, Edizioni CLEAN, Napoli, IT.
Dal Piaz A., 1985, Napoli 1945-1985. Quarant’anni di urbanistica, Edizioni F. Angeli, Milano, IT.
Ricci G., 1993, Le Vele del quartiere Scampia di Secondigliano. Dalle matrici culturali del progetto alla realizzazione completa, in Consulenza tecnico scientifica per la redazione del Piano urbanistico esecutivo del lotto M nell'ambito del Programma di Riqualificazione Urbana di Scampia - Convenzione tra il Dipartimento di Progettazione Urbana dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e il comune di Napoli, dattiloscritto, Napoli, IT.
Martinelli E., Santoro L., 2004, Programma di riqualificazione urbana Vele-Scampia, pubblicazione del Comune di Napoli, Assessorato alle periferie, servizio valorizzazione delle periferie urbane, Napoli, IT.
Ricci M., 2006, Programmi europei a confronto: le questioni aperte, in Demolire e ricostruire in Europa: programmi a confronto, Edizioni Alinea, Roma, IT.