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Rigenerare le periferie partendo dai quartieri “167”
Marta Calzolaretti
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La rigenerazione urbana e architettonica dei quartieri di edilizia residenziale pubblica realizzati in Italia tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta/Novanta, generalmente di grandi dimensioni, posti ai margini tra città e territori agricoli, con caratteri urbani e architettonici chiaramente riconoscibili rispetto ai tessuti urbani circostanti, costituisce una complessa questione che interessa non solo livelli locali, e che sarebbe opportuno affrontare a livello nazionale. Oggi infatti questi quartieri, dislocati in tutto il paese, presentano analoghi problemi e criticità, elevati livelli di disagio sociale e condizioni di degrado anche in conseguenza delle modalità di gestione e amministrazione.
La loro configurazione era mirata non solo a risolvere l’esigenza di alloggi per un alto numero di persone, ma anche a rappresentare il ruolo dell’intervento pubblico sulla casa con soluzioni figurative che avevano l’obiettivo di esprimere, attraverso la loro “monumentalità”, la rilevanza della questione civile e una sorta di rivendicazione del ruolo della “classe operaia” nella società.
E’ generalmente condivisa la valutazione che anche quei quartieri che hanno rappresentato soluzioni avanzate e innovative nell’ambito delle ricerche sulla casa, non rispondono più alle esigenze attuali e tendenziali dei cittadini. Infatti i criteri in base ai quali sono stati realizzati, in particolare riguardo alla grande dimensione e alla monofunzionalità, sono stati messi in crisi non solo dagli abitanti, ma anche dalle amministrazioni pubbliche e dagli stessi architetti.
I problemi di queste aree inoltre sono conseguenza anche dalle scelte legislative di allora, che non prevedevano alcun tipo di servizi, da quelle architettoniche e costruttive, quasi sempre molto rigide, e infine dalle difficoltà economiche.
L’isolamento dalla città, oggi meno visibile per la spontanea saturazione dei territori tra i quartieri e i centri urbani, non ha aiutato a sviluppare il sentimento di appartenenza alla propria città : “…vado a Roma..” dicono gli abitanti di Tor Bella Monaca.
La rigenerazione costituisce oggi a livello europeo uno dei principali strumenti di rinnovo urbano, utilizzati non solo per eliminare il degrado, ma anche per non occupare e urbanizzare altro suolo, riusando l’esistente (infrastrutture, servizi, abitazioni), salvaguardando i valori ambientali ancora presenti, trasformando i quartieri in ambienti urbani sostenibili.
La ricerca in questo ambito, che oggi può contare su un avanzato livello di elaborazione teorica e un notevole numero di sperimentazioni progettuali, mette in luce come operazioni di ristrutturazione e completamento siano particolarmente efficaci per risolvere il degrado urbano.
Sono operazioni a diverse scale d’intervento, dalla scala urbana alla ristrutturazione degli edifici, dove la rigenerazione e il completamento dei tessuti esistenti consente il riuso e la riconfigurazione di aree irrisolte o di spazi rimasti vuoti tra gli edifici o non adeguatamente usati, in alcuni casi arrivando a rafforzare le identità esistenti o di esprimerne di nuove. Alla scala edilizia le operazioni di adeguamento tipologico e energetico negli edifici hanno dato luogo a soluzioni in alcuni casi di notevole interesse e reale capacità di incidere sulla qualità architettonica delle città e della qualità di vita degli abitanti.
La questione quindi dovrebbe essere affrontata non solo caso per caso, ma attraverso la definizione di strategie con obiettivi generali comuni, da perseguire in tempi lunghi e attraverso una realizzazione per fasi che tenga conto anche delle esigenze di flessibilità.
Sarebbe auspicabile una elaborazione a livello nazionale per individuare un metodo di lavoro e criteri generali da applicare localmente, tenendo conto di valutazioni ad hoc legate alle specificità dei luoghi, agli ambienti sociali, alle possibilità economiche, ai valori architettonici degli insiemi urbani e degli edifici, come peraltro hanno già fatto in forme diverse alcuni paesi europei, tra cui la Gran Bretagna Pre-Brexit, l’Olanda e la Danimarca.
Il quartiere Scampia a Napoli, pur presentando una sua marcata specificità come luogo simbolico riconosciuto anche dal cinema, dalla televisione e dalla stampa, pone non soltanto questioni locali, ma anche di carattere generale, che riguardano soprattutto il rapporto con la struttura urbana circostante e il tipo di abitazioni oggi richieste dagli abitanti. In questo caso la scelta ristrutturazione/demolizione è particolarmente complessa, la rigidità della struttura è molto alta e problematica la sua trasformazione.
Il piano proposto Restart Scampia e le azioni previste che mirano a ridefinire “la posizione del quartiere non più periferia urbana ma luogo potenzialmente centrale della nuova dimensione metropolitana” realizzano quindi uno degli obiettivi principali condivisi anche da altre ricerche, come quella su Tor Bella Monaca a Roma di cui parlerò tra breve: trasformare le periferie in città.
All’interno di sistemi urbani integrati e plurifunzionali, interventi di edilizia residenziale adeguati alle nuove utenze e alle loro richieste potrebbero permettere quella mixitè di abitanti tipica della città e un uso articolato e variato delle aree tra le case che garantisca sia la privacy che il controllo sullo spazio, contribuendo così, anche se in minima parte, a prevenire azioni di illegalità.
In questo quadro il confronto tra ricercatori e studiosi, progettisti, economisti, imprese e enti pubblici locali e nazionali può avere una grande rilevanza per orientare criteri e modalità di intervento per la rigenerazione di queste aree.

Il caso Tor Bella Monaca

Si presenta di seguito una breve sintesi del lavoro sulla rigenerazione del quartiere di Tor Bella Monaca1,TBM, quartiere realizzato tra il 1982 e il 1984 nella periferia Est di Roma.  Fig 1
Nell’estate 2010 il Sindaco di Roma Alemanno aveva proposto di demolire TBM e in particolare gli edifici più alti di proprietà comunale, ritenendo questo il modo più adatto a risolvere in particolare il problema della diffusa criminalità e microcriminalità presente nell’area. Per dare una risposta meditata alla proposta del Sindaco, l’HousingLab uno dei laboratori di ricerca del Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza, ha organizzato un seminario-workshop interdipartimentale, con l’obiettivo di proporre metodi e criteri d’intervento generalizzabili da sperimentare a TBM.
Il seminario, che aveva preso l’avvio da un programma di Ricerca PRIN 2 ,  ha coinvolto un gruppo di docenti provenienti da sette dipartimenti di sei Facoltà di Architettura Italiane3 insieme a studiosi e professionisti su temi specifici, impegnati da anni sul tema della rigenerazione urbana e architettonica. L’obiettivo comune era definire metodi e criteri d’intervento generalizzabili anche ad altre occasioni, da sperimentare a Tor bella Monaca, per arrivare alla definizione di possibili soluzioni che, tenendo conto anche delle strategie adottate in altri contesti europei, consentissero di attuare una rigenerazione urbana e architettonica sostenibile, anche dal punto di vista economico, commisurata alle esigenze reali degli abitanti attuali e futuri.
Le riflessioni prodotte dai diversi Dipartimenti sul caso-studio TBM costituiscono un panorama di analisi, valutazioni e indirizzi rappresentativo di diverse impostazioni teoriche e disciplinari che insieme hanno formato un complesso nucleo di riferimento, valide base per il successivo lavoro comune.4
Le analisi sulle criticità e potenzialità di Tor Bella Monaca hanno reso credibile l’obiettivo di avviare processi di rigenerazione architettonica e urbana del patrimonio esistente, piuttosto che optare per operazioni di demolizione e ricostruzione. La nostra proposta era dunque in netta contrapposizione a quella del Sindaco che intendeva agire sugli edifici alti applicando la demolizione, sunna base degli orientamenti avanzati da Leon Krier.
Uno degli alibi della Amministrazione comunale era l’esigenza di assecondare una diffusa aspirazione a soluzioni insediative capaci di soddisfare una generica richiesta di individualità, senza porsi il problema della cancellazione di quanto di positivo si era sedimentato nella quasi trentennale esperienza di Tor Bella Monaca, dove esiste ormai una comunità fortemente radicata, e senza cercare soluzioni di equilibrio tra esigenze degli individui e della collettività. Del resto la maggior parte degli abitanti non era affatto d’accordo. Durante un incontro con i rappresentanti del quartiere, una residente all’ultimo piano di una torre, in polemica con la guerra agli edifici alti voluta da Alemanno, aveva espresso la propria soddisfazione per quel tipo di alloggi, dicendo che quando il cielo è limpido dal suo terrazzo può vedere il “Cupolone”… e allora me sembra de stà a Roma.
L’ipotesi dell’Amministrazione, pur perseguendo una soluzione radicale e impropria, aveva avuto il merito di aprire anche tra i cittadini una discussione sui modelli di città più adatti alla vita contemporanea e agli stili di vita degli abitanti di oggi e del prossimo futuro, come abbiamo registrato in numerosi incontri pubblici con i residenti. Questi hanno confermato disagi ma anche la volontà di radicamento nel loro territorio, chiedendo interventi migliorativi su case, ambiente, viabilità, degrado fisico e sociale.

Caratteri di Tor Bella Monaca

Come altri quartieri degli ultimi decenni del Novecento, Tor Bella Monaca si distingue nel panorama romano come un pezzo di città moderna, che riflette gli indirizzi culturali del periodo in cui è stato realizzato. Costituisce però un caso-studio di particolare interesse, per la sua storia, la collocazione urbana, il valore del contesto paesaggistico e ambientale in cui è inserito, le preesistenze archeologiche e per la indubbia qualità del suo impianto.
Seguendo i principi della modernità, TBM è caratterizzata da edifici disposti liberamente sul terreno, da un sistema infrastrutturale gerarchico e da una notevole presenza di aree libere, più ampie rispetto a quanto richiesto dagli standard urbanistici, anche per coprire il fabbisogno dei quartieri limitrofi, per lo più costruiti ‘spontaneamente’ nelle aree agricole circostanti all’espansione urbana ad altissima densità edilizia realizzata nel dopoguerra.
In mancanza di un’adeguata definizione funzionale e figurativa e in assenza di manutenzione, le aree verdi di TBM sono diventate nel tempo luoghi di degrado e di abbandono; tuttavia sono proprio queste aree che possono costituire la principale risorsa per la riqualificazione del quartiere. Rappresentano in effetti un patrimonio prezioso per un ripensamento sulle modalità di trasformazione della città.
La questione della rigenerazione non è solo questione di architettura, ma anche di modello di sviluppo generale, economico e culturale, che può trovare soprattutto nelle aree della periferia le opportunità per profonde trasformazioni. Partendo proprio da insediamenti come quello di Tor Bella Monaca è possibile sperimentare ad esempio nuove forme di lavoro in particolare per i giovani.
Insomma, sulla base delle analisi e delle considerazioni qui accennate, emerge che Tor Bella Monaca, anziché essere un ‘problema’ difficile da risolvere, possa costituire al fondo l’occasione per avviare operazioni di rigenerazione delle periferie romane e in generale per Roma.
Il dibattito su questi aspetti approfondito nelle riunioni di Seminario aveva individuato tre temi generali su cui lavorare per giungere a definire alcune strategie generali da sperimentare.
T1.Trasformare le periferie in città
Questo è uno dei temi fondamentali e insostituibili della ricerca. Intervenire non con soluzioni sporadiche, ma con piani integrati a livello cittadino, permette di sviluppare le opportunità di lavoro, le attrezzature della cultura, dello sport e del tempo libero, utilizzando al meglio le potenzialità locali e le specificità esistenti e promuovendo, dove possibile, l’integrazione città-campagna.
Le abitazioni ristrutturate possono diventare parte integrante del tessuto urbano e accogliere una pluralità di utenti con esigenze diverse, come avviene nelle aree centrali delle città, soprattutto se viene raggiunta la densità necessaria per conseguire una sostenibilità sociale, economica e ambientale.
La soluzione dei problemi della mobilità è strategica per raggiungere questi obiettivi. Scelta fondamentale quindi è risolvere le attuali inadeguatezze della mobilità mettendo in rete i quartieri con il resto della metropoli, in particolare attraverso la realizzazione di infrastrutture di collegamento su ferro.  A Tor Bella Monaca esistono già i presupposti per raggiungere questo obiettivo. Qui i collegamenti urbani esistenti e quelli previsti dalla Amministrazione e dal Nuovo PRG (non ancora realizzati e per ora in parte bloccati dalla attuale Amministrazione Capitolina) potrebbero connettere il quartiere con tutta la città, determinando la condizione di base per il suo rinnovamento.
T2. Costruire sul costruito
Lavorare sull’esistente significa non occupare nuove porzioni di suolo, coerentemente con i valori ecologici da assumere come un orizzonte di riferimento fondamentale, e con gli obiettivi di valorizzazione delle comunità che si sono formate negli anni. Così, senza disperdere i valori sociali e ambientali sedimentati nel tempo, si possono utilizzare al meglio le risorse economiche disponibili coordinando qualità, densità, mobilità nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. Intervenire sull’esistente inoltre significa rispettare l’identità dei luoghi caratterizzata dalla topografia e morfologia dei territori e operare sulla città per successive stratificazioni, come sempre è avvenuto nella storia delle città europee, utilizzando le strutture preesistenti come fondamento per le nuove, innovando senza dimenticare il passato e la storia degli uomini, dei loro simboli, delle idee e degli edifici.
T3. Realizzare quartieri sostenibili Fig 7 e 8
Hanno rafforzato la nostra convinzione che fosse possibile trasformare Tor Bella Monaca in un quartiere modello di sostenibilità diverse ragioni: la valutazione delle opinioni degli abitanti e delle criticità insieme alle evidenti potenzialità di TBM, tra le quali il valore del contesto paesaggistico e ambientale in cui è inserito; le caratteristiche positive del disegno planovolumetrico del quartiere, che prevede una interessante articolazione di spazi pubblici oggi peraltro inutilizzati; infine la concreta possibilità di incentivare collegamenti pubblici esistenti e quelli previsti che potrebbero mettere il quartiere in rete con tutta la città.
Il nostro lavoro ha voluto fondamentalmente mettere in luce, con una prima fase analitica, le criticità e le potenzialità dell’area, le strategie generali da sperimentare e i settori dove era prioritario intervenire; in una seconda fase, ci si è volti a delineare alcune ipotesi per la rigenerazione del quartiere, verificandole alla luce di possibili soluzioni spaziali. Fig 12 e 13
Come esemplificazione di parte del lavoro svolto sono qui di seguito presentati alcuni appunti su due temi: il progetto di suolo e la ristrutturazione edilizia.

Il progetto di suolo

a.Lo spazio all’aperto
Una delle questioni più urgenti è apparsa la necessità di ridisegnare le aree pubbliche all’aperto, destinate a verde, quali parchi, giardini, aree archeologiche, verde semiprivato e quelle destinate a spazi urbani, quali piazze, portici, percorsi pedonali, attraversamenti. Poco meno del 40% del totale delle aree di TBM non costruite presenta oggi un uso indefinito. Fig 6   All’interno del perimetro del Piano di Zona queste aree appaiono come frammenti rimasti in attesa di destinazione. In prossimità dei confini assumono caratteri di ancora maggiore indeterminazione, quasi la città finisse per caso. Oggi non è in effetti possibile individuare con chiarezza gli elementi di transizione con l’esterno, quel tipo di spazi ibridi appartenenti al quartiere e allo stesso tempo alla campagna o al passaggio verso altri quartieri. Solo nel caso del Comparto R5 la duna che separa le grandi corti dalle aree agricole consente di riconoscere un rapporto progettuale meditato, anche se l’uso di quello spazio è oggi completamente distorto dalla presenza di abusi e appropriazioni illecite. Fig 9
Per queste aree di margine, in particolare, sono state proposte alcune linee-guida che possano costituire riferimento utile anche per situazioni analoghe in altri luoghi.
Le vaste aree verdi, sportive, archeologiche e a parco, che oggi presentano una definizione formale incompiuta e una modalità d’uso incerta non dialogando né tra loro né con l’edificato, potrebbero formare, anche insieme ad aree analoghe dei quartieri limitrofi, sistemi di spazi organizzati per attività differenziate, connessi tra loro da percorsi specializzati e eventualmente affidati alla gestione privata,
La presenza e la dimensione delle numerose aree vuote o senza destinazione, induce a ipotizzare operazioni di densificazione e di completamento edilizio, anche in considerazione del ruolo che il quartiere sta assumendo nel settore urbano di appartenenza, dove l’Università di Tor Vergata con il suo Policlinico e la futura Area di Centralità Romanina, prevista dal Nuovo PRG, costituiranno poli urbani con elevata capacità attrattiva e forte potenzialità di generare trasformazioni. Fig 5
b. La viabilità interna
Gli interventi sulle infrastrutture, sulle reti stradali, energetiche e informatiche, e sullo smaltimento dei rifiuti costituiscono la priorità per trasformare il quartiere in un quartiere sostenibile. Come già detto, il sistema infrastrutturale esistente e previsto potrebbe garantire, qualora fosse realizzato, buoni collegamenti con l’intera città; però oggi il sistema viario all’interno del quartiere e di collegamento con le aree limitrofe è del tutto insufficiente e la percorrenza pedonale quasi impossibile.  Strade e parcheggi occupano vasti spazi che possono essere ridisegnati e integrati a nuovi percorsi viari e pedonali; potrebbe inoltre essere introdotto un nuovo sistema di trasporto interno di collegamento tra tutte le parti del quartiere, i servizi, e le zone attrezzate della città diffusa all’intorno. Favorire la mobilità alla piccola scala, pedonale, ciclabile e con piccoli mezzi pubblici, aiuta a intensificare l’uso degli spazi del quartiere e a renderli più “amichevoli” e sicuri. Fig 10
c. Piani terreni
Le operazioni sullo spazio aperto non sono disgiunte da quelle che interessano il ridisegno del piano terreno degli edifici. Il riuso dei piani terreni - abitati ora in condizioni gravemente disagevoli per l’interferenza della vita pubblica con gli spazi privati dell’alloggio – come aree dove svolgere attività non residenziali e la riorganizzazione dei piani interrati, poco e male utilizzati come garage, potrebbero avere effetti certamente positivi sulla configurazione fisica dello spazio pubblico urbano. In particolare ne beneficerebbero le piazze previste dal piano, oggi vuoti indifferenziati, con ricadute positive sull’uso e sulla vitalità di un quartiere giustamente percepito come luogo abbandonato e insicuro durante molte ore del giorno e della sera.
Facendo riferimento a esperienze positive di project financing, è auspicabile realizzare strutture pubbliche e private sia nei piani terreni che in alcune delle aree libere, aumentando così gli spazi per attività lavorative e i servizi di settore urbano (come biblioteca/mediateca, multisala cinematografica, parco archeologico) oltre che i servizi “alla persona” (in particolare per le persone anziane e per i bambini). (Fig 13 e 14)

La ristrutturazione degli edifici

Nel caso di TBM la qualità degli edifici non richiede drastiche demolizioni, ma piuttosto ristrutturazioni degli edifici esistenti. In alcuni casi si tratta di edifici abbandonati, come il centro polifunzionale progettato dallo studio Passarelli per servizi e strutture commerciali, un progetto interessante per la sua elevata flessibilità d’uso.
La trasformazione dei piani terreni affacciati sulla strada, di cui abbiamo già parlato, strettamente connessa alla qualità dello spazio pubblico all’aperto, potrebbe contribuire a migliorare le caratteristiche strutturali e energetiche e gli aspetti tecnologici, funzionali e figurativi degli edifici.  In alcuni casi, utilizzando il Piano Casa, si potrebbero anche prevedere piccoli ampliamenti, nuovi tipi di alloggi capaci di soddisfare le richieste e le esigenze della nuova utenza urbana (come studenti, lavoratori temporanei, persone sole, genitori soli con figli, anziani).
Attraverso nuovi interventi urbani e completamenti edilizi in alcune aree libere strategiche si può insomma prevedere una profonda trasformazione di un quartiere a forte disagio che, anche per la sua prossimità a importanti centri di servizi metropolitani, potrebbe diventare un luogo di riferimento per Roma, anche per l’attrazione di possibili impianti produttivi specialistici congruenti con il prevalente uso abitativo del quartiere.
In conclusione, è possibile partire dal costruito esistente verso una rigenerazione complessiva del quartiere, con soluzioni che abbiamo verificato con i costruttori anche mediante specifiche analisi economiche.

Questi ed altri sono stati i modi che restituiscono lo spirito dello slogan che ha definito il nostro lavoro, diventato poi il logo della ricerca “costruire sul costruito”, che ci sembra rappresentativo di tutte le riflessioni fatte sulla città, sulle periferie, sui territori urbanizzati e sui margini delle città.


Note

1 Il Piano urbanistico di Tor Bella Monaca è stato redatto dall’Ufficio Piano Regolatore diretto dall‘ing. Anna Maria Leone; contrassegnato come Piano di Zona n 22, fa parte del Primo PEEP di Roma (1964) ed è stato approvato nel1980. La superficie totale è 188 ettari dei quali 51 di verde e 29 per servizi, gli abitanti previsti  28.000. Le cubature complessive tra residenziale e non residenziale arrivano a 3 milioni di mc. E’ stato realizzato tra il 1982 e il 1984 con una procedura speciale di affidamento in concessione a un consorzio di imprese, formato da ISVEUR (70%), Consorzio Cooperativa Costruzioni e Cooperative Roma, presieduto dall’ing. Odorisio. Lo studio Passarelli, autore del progetto del Centro Commerciale e della sede circoscrizionale, fu incaricato della revisione del Piano e del coordinamento delle progettazioni, insieme agli architetti Calzabini e Milone. I progetti edilizi furono affidati a professionisti tra i quali Barucci, Piroddi, Valle, Capolei, Cavalli, Montesi, Pierluigi Spadolini, autore della chiesa.

2 La ricerca PRIN “Rigenerazione di tracciati e di tessuti marginali. Metodi, strumenti e strategie di progetto per nuove forme di abitare sostenibile”. Unità operative: Università degli Studi di Reggio Calabria, Dipartimento Dastec, coordinatore nazionale e locale Prof. Gianfranco Neri; Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Architettura e Progetto coordinatore locale per i primi due anni Prof. Marta Calzolaretti e per il terzo anno Prof. Alessandra De Cesaris; Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Pianificazione coordinatore locale Prof. Ilaria Valente.

3 Gruppo Di Ricerca:
Dipartimento di Architettura e Studi Urbani - Politecnico Di Milano - G. Bertelli, R. Spagnolo, I. Valente, M. Bovati, B. Coppetti, J. C. Dall’Asta
Dipartimento di Ingegneria Civile del Territorio e Architettura - Università Degli Studi di Parma - C. Quintelli, L. Amistadi
Dipartimento Infrastrutture Design Engineering Architettura - Università degli Studi G. D’annunzio Pescara - C. Andriani, F. Bilò, P. Misino, C. Anselmi
Dipartimento Ambiente Reti Territorio - Università degli Studi G. D’annunzio Pescara - P. Barbieri
Dipartimento di Architettura e Progetto - Sapienza Università di Roma - HousingLab, M. Calzolaretti, A. De Cesaris, D. Mandolesi, MT. Aprile
Dipartimento di Cultura del Progetto - Facoltà di Architettura "Luigi Vanvitelli" - Seconda Università Degli Studi Di Napoli - C. Manzo, M. Borrelli, F. Costanzo
Dipartimento di Architettura e Analisi Della Città Mediterranea - Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria - R. Nicolini
Dipartimento di Arte Scienza Tecnica del Costruire - Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
- G. Neri, O. Amaro, M. Tornatora
I Dipartimenti si sono avvalsi della partecipazione di Daniel Modigliani e Alessandra Montenero e della collaborazione di Assegnisti, Dottori e Dottorandi di Ricerca, Laureandi.
Coordinamento: Dipartimento di Architettura e Progetto - Sapienza Università di Roma – HousingLab, Marta Calzolaretti

4 Marta Calzolaretti Domizia Mandolesi ( a cura di), Rigenerare Tor Bella Monaca, Quodlibet, Macerata 2014 DIAP PRINTCollana a cura del Gruppo Comunicazione del DiAP Coordinatore Orazio Carpenzano