Sono numerose e varie le definizioni di progetto urbano. Che, in genere, può essere definito come un progetto di rilevante impatto urbano riguardante l’assetto di un’area di dimensioni medio-grandi, localizzazione strategica nell’area urbana, forma più o meno compatta. Proprio per la sua rilevanza, il progetto può prevedere, in genere, la realizzazione di nuove connessioni infrastrutturali dell’area con l’intorno della città. Obbiettivi del progetto urbano per l’area sono quelli di un nuovo assetto funzionale, sociale e formale, capace di far assumere all’area stessa, oggetto dell’intervento, un forte ruolo di centralità.
Ma la situazione odierna della città esistente richiede un necessario ampliamento di questa concezione di progetto urbano. Intendo: la situazione odierna di quelle parti della città esistente costruite a partire dal secondo dopoguerra e fino ad oggi. Che costituiscono, in Italia, almeno l’80% del totale delle aree urbanizzate. E che, tranne rare eccezioni, con una valutazione sommaria ma fondata, sono quelle dotate di assai scarse qualità urbane.
Ma la qualità urbana è una necessità per tutti gli abitanti. E la qualità urbana non può essere concentrata in poche aree centrali e confinata solo in quelle. In primo luogo, infatti, non è convincente l’idea di un cuore urbano forte (per funzioni, dimensioni degli edifici, spazi pubblici, arredo urbano) e un intorno debole, degradato, senza qualità, prevalentemente dedicato alla residenza. Né è convincente l’idea che un cuore forte possa operare indirettamente, per trascinamento, una irrorazione di qualità urbana nelle aree urbane circostanti.
Quanto dovrebbero aspettare quegli abitanti, se mai la rigenerazione avverrà? Un paradiso al centro, circondato da un inferno1? E aspettare che l’inferno si trasformi a poco a poco nel paradiso? E teniamo anche conto delle difficoltà (politiche, amministrative, finanziarie, tecniche) per la costruzione di quel grande paradiso iniziale. Dunque, sarà necessario operare per introdurre qualità urbana anche nelle aree non interessate da progetti urbani di rilevanza urbana o extraurbana, cioè le aree prevalentemente residenziali.
E, in secondo luogo, perché mai il progetto urbano non dovrebbe essere utilizzabile anche per migliorare le qualità dell’abitare nei medi ma anche piccoli centri urbani? O nei quartieri? Nei quali non occorrono certo interventi di grande dimensione, ma piuttosto piccoli interventi per migliorare le qualità dello spazio urbano. Se la qualità urbana deve essere distribuita equamente nell’area della città, andrà realizzata tramite molti interventi diffusi, molti piccoli interventi diffusi.
Dunque, piuttosto che pochi progetti urbani concentrati, meglio cento piccoli progetti urbani per la rigenerazione di una città. Occorre mettere in campo molti piccoli progetti urbani diffusi, ma che siano tra loro coerenti e interrelati per formare un quadro sistematico (una struttura per la qualità urbana), una visione complessiva per il futuro della città stessa, o di una sua parte, da proporre ai suoi abitanti. Il che si potrebbe definire come un progetto urbano (un progetto urbano complessivo) fatto di molti piccoli progetti urbani. Il progetto urbano, dunque, può essere concepito anche come un sistema coerente di tanti piccoli progetti2.
Vanno subito poste almeno tre domande. Possono tanti piccoli progetti produrre realmente un effetto complessivo di miglioramento della qualità urbana? E perché piccoli progetti? E quali temi e contenuti per i piccoli progetti?
Per rispondere alla prima domanda, occorre come prima cosa chiarire quali possono essere i principi generali da applicare nelle operazioni di rigenerazione urbana. Provo a delinearne i contorni utilizzando sette parole chiave: paesaggio, abitare, bellezza, spazio pubblico, quartiere, campagna, nuovi strumenti3. Le descrivo con estrema sintesi.
Paesaggio è il luogo dell’abitare. L’apprezzamento, o meno, del paesaggio (urbano) è conseguenza della percezione da parte degli abitanti delle qualità urbane di una data area della città. La qualità urbana è data anche (evidentemente non solo) da uno spazio urbano dotato di accoglienza, di urbanità e di bellezza (caratteristiche che una buona urbanistica può predisporre in quanto di sua competenza). E queste caratteristiche sono necessarie, anche se non sufficienti, per un buon abitare.
Accoglienza: di uno spazio urbano per tutti, con buone qualità ambientali di aria, acque e suolo, ben dotato di vegetazione, sicuro e accessibile per i pedoni.
Urbanità: caratteristica dovuta alle dotazioni di servizi, attrezzature pubbliche e private e spazi pubblici di vari tipi.
Bellezza: parola poco frequentata dagli urbanisti, eppure qualità necessaria al buon abitare, e per questo anche parola chiave. Bellezza che sia percepita come tale dagli abitanti, ma che sia il prodotto dei principi e indirizzi di una estetica urbana fondata, appunto, sulle modalità della percezione dello spazio urbano e sulle memorie di quelle percezioni (che costruiscono le nostre mappe mentali). E poiché le modalità di base di percezione dello spazio urbano sono le medesime per tutti gli abitanti, e di conseguenza le mappe mentali hanno diversi contenuti in comune per la maggior parte degli abitanti di una data area urbana, su questi presupposti è possibile elaborare una estetica urbana da tutti condivisibile4.
Lo spazio pubblico è il luogo privilegiato per le percezioni delle qualità dell’abitare: si abita bene in uno spazio urbano dotato di spazi pubblici adatti alla pedonalità e dotati delle qualità di accoglienza, di urbanità e di bellezza.
Il quartiere è la dimensione urbana meglio riconoscibile dagli abitanti. Che si identificano volentieri con il quartiere in quanto ambito dell’abitare. E che meglio apprezzano le qualità di accoglienza, urbanità e bellezza se espresse in un sistema di spazi pubblici primari (in quanto dotati di quelle qualità in modo evidentemente superiore a quelle degli altri spazi pubblici del quartiere) che costituiscono, nella percezione degli abitanti, il sistema centrale del quartiere, il “centro” del quartiere. Ovvero la struttura urbana del quartiere, che può appunto essere definita come il sistema primario di spazi pubblici e attrezzature pubbliche e private del quartiere.
La campagna, e in particolare la campagna periurbana è l’ambito del quale assai poco si è occupata l’urbanistica, necessario (soprattutto la campagna periurbana) per la qualità dell’abitare per il quale, in effetti, qualcosa può fare l’urbanistica per migliorarne le condizioni, ma molto per evitare effetti di degrado e di distruzione del paesaggio rurale.
Infine, tutte queste considerazioni precedenti (le precedenti sei parole chiave) configurano idee e concezioni per una nuova urbanistica, la quale richiede anche nuovi strumenti che non siano quelli tradizionali e scarsamente capaci di tradurre le nuove idee e concezioni in concreta operatività.
Posso allora rispondere alla seconda domanda: perché piccoli progetti?
Tradotte in termini operativi, le sei parole chiave significano sostanzialmente: articolazione della città per quartieri (una visione della città fatta anche di quartieri) e individuazione e adeguamento di centri di quartiere (o di una piccola città). Che comporta individuare, adeguare e potenziare sistemi prioritari di spazi pubblici e servizi e attrezzature pubbliche e private: il sistema di spazi pubblici come “asse dorsale”5 della città.
Tutte operazioni che hanno come fattore centrale la creazione o adeguamento di spazi pubblici e delle dotazioni di servizi e attrezzature per il quartiere (o per una piccola città). Operazioni dunque caratterizzate dalla piccola dimensione: “progetti declinati al minuscolo”6. Progetti che devono essere concepiti e declinati alla scala dello spazio pubblico, sia del sistema sia delle sue componenti.
Un chiarimento: non intendo, con quanto detto sopra, proporre esclusivamente politiche urbane minimaliste. Per la qualità urbana non vanno dimenticati, nelle città di grandi e medie dimensioni, le componenti che attengono al sistema urbano complessivo: le centralità urbane (le grandi attrezzature pubbliche e private di scala urbana o extraurbana), la rete della grande mobilità, la rete dei parchi e delle aree di interesse naturalistico e ambientale di scala urbana. Componenti che potranno essere oggetto di progetti urbani di maggiori dimensioni. Così come, sempre nelle aree urbane di grande e media dimensione, attrezzature e servizi di scala urbana possono essere localizzati, con molta attenzione, in alcuni quartieri, che potranno essere lambiti e delimitati da infrastrutture per la mobilità e da grandi parchi.
Voglio dire che una delle caratteristiche di una nuova urbanistica dovrebbe essere che la dimensione dei piccoli progetti urbani diffusi deve colloquiare con la grande dimensione della pianificazione, quando necessaria e utile, e porre a questa alcune condizioni e scelte. Ma qui voglio rivolgere l’attenzione prevalentemente sulla piccola dimensione perché spesso ignorata o poco trattata.
Tocca ora rispondere alla terza domanda: quali temi e contenuti per i piccoli progetti urbani?
Possono essere individuabili tre principali temi progettuali:
Per una lettura dell’articolazione dell’area urbana in quartieri occorre far ricorso a due tipi di saperi: quelli degli abitanti e quelli degli urbanisti. Al sapere degli abitanti, prima di tutto, perché sono capaci di definire in modo certo quali sono i limiti, da loro percepiti, del quartiere. Sanno dire, cioè, quello che è o dovrebbe essere “dentro” al quartiere (rivendicazioni di appartenenza), e ciò che è “fuori” dal quartiere. E al sapere degli urbanisti che possono incrociare l’individuazione dei limiti del quartiere, ottenuta con gli strumenti loro propri delle letture storiche e morfologiche, con le percezioni degli abitanti.
Per la lettura della struttura urbana (delle centralità di quartiere) esistente a scala di quartiere e per il progetto del suo miglioramento ai fini della qualità dell’abitare possono essere suggerite alcune semplici operazioni:
Principi e indirizzi per il progetto della struttura e delle sue componenti. Qui è possibile fare solo alcune considerazioni preliminari e di carattere generale. Nella cultura urbana e urbanistica internazionale è in corso un recupero della consapevolezza del ruolo determinate dello spazio pubblico per le esigenze di un buon abitare. Si registra, nei progetti e negli interventi migliori, un ritorno dello spazio pubblico come protagonista del disegno urbano. Che è anche un ritorno, pur con i necessari adattamenti richiesti dalla contemporaneità, alla città che da almeno mille anni è organizzata attorno o lungo sistemi di spazi pubblici: le piazze, i corsi, i viali, i giardini nelle loro plurime possibili declinazioni, anche con innovazioni.
Spazi pubblici dei quali dobbiamo, perciò, ricordare e riscoprire la molteplice ricchezza di tipi: piazze piazzette e slarghi per l’incontro; viali e percorsi per il passeggio; parchi e giardini per godere della natura; luoghi dotati di tracce e manufatti, anche minori, che celebrano le storie di quei luoghi e li arricchiscono di senso; luoghi dai quali si possono ammirare panorami come belvedere e spazi lungo il mare, i laghi e i fiumi; luoghi delle istituzioni, come piazze e piazzette sulle quali affacciano edifici pubblici; le piazze e le strade commerciali. Sono queste le categorie di spazi pubblici più amati e frequentati dagli abitanti. E perciò sono quelli che più fortemente sono incisi nelle nostre mappe mentali e che determinano la percezione della qualità dell’abitare.
E dunque sono questi i tipi di spazi pubblici da comprendere nei piccoli progetti urbani per il miglioramento delle condizioni dell’abitare e che vanno composti, secondo un progetto complessivo e coerente, in un sistema.
Per ben comporre si richiede il ritorno (o recupero), all’interno della disciplina della progettazione urbana, di un ruolo centrale per la composizione urbanistica: delle regole, cioè di grammatica e di sintassi per comporre uno spazio urbano sostenibile, organizzato da sistemi di spazi pubblici e che possegga le tre qualità fondamentali di accoglienza, di urbanità e di bellezza. Regole e sintassi che, come detto, possiamo anche ritrovare negli impianti delle città storiche7.
I luoghi che sono interessati dai piccoli progetti urbani sono perciò quelli appartenenti alla struttura urbana: spazi pubblici e attrezzature e servizi pubblici e privati esistenti da adeguare e migliorare, in primo luogo. Conservando o potenziando valori estetici, funzionali o sociali o minimizzando difetti o rimovendoli. E, in secondo luogo, individuando le aree disponibili per la costruzione di nuovi spazi pubblici o attrezzature e servizi pubblici e privati.
Un importante ruolo nella rigenerazione della città possono svolgere i quartieri di margine, quelli che affacciano sulla campagna periurbana. Perché nei quartieri di margine, quando non sono reperibili aree all’interno del tessuto urbano, possono essere utilizzati poco profondi nastri di aree agricole a ridosso del margine urbano stesso, per localizzare spazi pubblici, attrezzature e servizi, oltre a una quota di residenza necessaria alle compensazioni per l’acquisizione da parte del Comune delle aree pubbliche necessarie e eventualmente per la costruzione di alcuni degli spazi pubblici. Realizzando così un affaccio significativo della città sulla campagna periurbana. E proponendo, inoltre, politiche e normative che incentivino e rafforzino il ruolo produttivo delle aree agricole periurbane. Ma che ne rafforzino e valorizzino anche l’immagine negli abitanti della città. Rafforzando e valorizzando le possibilità di fruire delle qualità ambientali ed estetiche proprie delle aree agricole. Le nuove centralità di quartiere, così, anche se marginali rispetto al singolo quartiere, saranno centrali rispetto alla relazione città campagna, e saranno arricchite dai valori sociali, funzionali, e morfologici (estetici) che quelle relazioni potranno apportare.
E’ evidente che per formalizzare e attuare un progetto urbano come sistema di molti piccoli progetti urbani sono necessari nuovi strumenti. Nuovi strumenti che, in coerenza con quanto detto fino ad ora, dovranno avere caratteristiche tali da:
Strumenti che posseggono queste caratteristiche sono quelli del tipo Master Plan o Schemi di Assetto Urbanistico. Che, per quanto detto sopra, dovranno contenere, come elaborati (le forme di uno Schema di Assetto) uno scenario complessivo (il progetto urbano complessivo, cioè un disegno di insieme dei diversi progetti componenti), l’articolazione (l’elenco) dei progetti componenti, le linee guida relative sia allo scenario complessivo (obbiettivi generali, indirizzi generali per la qualità urbana) sia ad ogni singolo progetto componente.
Queste ultime linee guida avranno un livello di dettaglio del tipo di progetto preliminare, con indicazioni sia scritte che disegnate riguardanti regole morfologiche, disegno di suolo, funzioni, tipi edilizi, scenari esemplificativi tridimensionali.
Poiché uno Schema di Assetto Urbanistico propone uno scenario verso il quale tendere, non può e non deve assumere valenze normative, ma solo di indirizzo e guida. Dovrebbe quindi essere concepito come un programma (disegnato) di politiche urbane e relative ipotesi di progetti per la qualità urbana di cui un’Amministrazione Comunale dovrebbe dotarsi all’inizio del suo mandato elettorale con un’adozione in Consiglio Comunale. Dunque, uno strumento flessibile, che potrà essere variato, implementato o integrato a seconda delle necessità.
L’attuazione dello Schema di Assetto, come detto, potrà avvenire nel corso del tempo, utilizzando strumenti tradizionali (varianti di piano, piani attuativi, programmi integrati, permessi di costruire convenzionati, interventi di opere pubbliche, ecc.) in relazione al maturare delle condizioni dell’intervento. Momento nel quale per ogni singolo progetto potrà essere redatto il progetto definitivo, seguendo le specifiche linee guida contenute nello Schema.
Le Linee guida saranno anche un utile strumento per gli Uffici Tecnici comunali per controllare la qualità dei progetti. Ad esempio, introducendo normative o regolamenti che dispongano che il promotore dell’intervento, sia pubblico che privato, prima di procedere alla elaborazione di un progetto definitivo, richieda un assenso, da parte dell’Ufficio Tecnico comunale, su uno schema di progetto preliminare.
Per le loro caratteristiche di contenuti e forma gli Schemi di Assetto vanno bene, anzi sono utili se non necessari anche nei casi di progetto urbano tradizionale. Che può essere elaborato con le stesse caratteristiche di un progetto urbano articolato come sistema di diversi progetti, in questo caso quelli nei quali è possibile articolare uno scenario complessivo per un’area compatta (perimetrata). Dunque, non un progetto urbano tradizionale che assomiglia a una sorta di piano particolareggiato, ma un progetto urbano dotato di una flessibilità sostanziale e di una migliore fattibilità.
Note
1. Cfr. Sergio Brenna in: “Milano è diventato il paradiso del neoliberismo urbanistico. Intervista a Sergio Brenna”, di Sergio Cararo, Contropiano, 09.05.18.
2. “Si tratta di assumere ora la prospettiva più realistica dei progetti declinati al minuscolo, con una molteplicità disgiunta d’interventi di piccole e medie dimensioni, costruiti dal basso, piuttosto che progetti ambiziosi per grandi opere e pezzi di città promossi dal centro oppure dal capitale finanziario globale”. Alberto Clementi, “Nuove prospettive per EWT”, editoriale, n. 13/14 di EWT/Eco Web Town, pag. 2.
3. Per un approfondimento su queste parole chiave vedi P. Colarossi (2017): “Otto punti per rilanciare l’Urbanistica in Italia”. In: INDUSTRIARCHITETTURA – 27.07.2017. Rivista on line: www.industriarchitettura.it. Dove la prima parole chiave (Urbanistica per gli abitanti) è una premessa alle sette che seguono.
4. Per approfondimenti sulle questioni di una estetica urbana fondata sulla percezione dello spazio urbano vedi: P. COLAROSSI, Elementi di estetica urbana, in P. COLAROSSI, A. P. LATINI (a cura di), La progettazione urbana, vol II° Metodi e materiali, Il Sole 24ore, Milano 2008, pp. 71-430.
5. Carta di Malaga, 2011.
6. Vedi nota 2.
7. Per approfondire circa i contenuti di possibili principi progettuali di estetica urbana vedi: P. Colarossi, “Elementi di estetica urbana” cit.