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L’esperienza dei Nouveaux Commanditaires
Massimiliano Scuderi
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Lo spazio pubblico per molto tempo è stato  oggetto di una cultura della privatizzazione1 che ha determinato la perdita del senso collettivo del suo statuto. In questi ultimi decenni una nuova sensibilità2, attraverso anche l’apporto di protocolli innovativi basati sulla condivisione paritaria delle responsabilità legate alla costruzione di un’opera d’arte pubblica o al ricorso della cultura come catalizzatore identitario nei processi di riqualificazione, hanno avuto il merito di riscrivere la storia di questi spazi e di contribuire alla rigenerazione dei tessuti urbani contemporanei e di coadiuvare, talvolta eludere, l’attività dei city managers. La cultura, così come ben rappresentato dagli obiettivi della programmazione europea, costituisce sicuramente un asset importante non solo nella costruzione identitaria degli individui, dei gruppi sociali, dei luoghi come presupposto per la comunicazione interculturale, ma anche come approccio strategico collegato alle tematiche dello sviluppo locale e della governance. Questo si attua attraverso una profonda revisione delle politiche che regolano la gestione del territorio, in favore di una più ampia pianificazione di tipo strategico e integrato.
La progettazione culturale sta delineandosi, fin dai primi anni del XXI secolo, come una disciplina autonoma basata su un’azione multi e trans-disciplinare e come organizzazione processuale delle strategie d’intervento, mirate allo sviluppo sostenibile, coeso e intelligente del territorio: quadri normativi, saperi e capacità si intrecciano con processi amministrativi, economici, sociali di pianificazione territoriale e di marketing attraverso il contributo di professionalità diverse o a supporto delle tradizionali figure della pianificazione come gli urbanisti. 
In questo senso è esemplare  il lavoro svolto in Francia dal centro d’arte contemporanea Le Consortium di Digione e in particolare da alcuni operatori culturali che ne gestiscono il programma come Xavier Douroux, Francois Hers, Eric Troncy e Franck Gautarc. Il loro impegno, attraverso anche  la Fondazione di Francia, rappresenta un punto di svolta sul tema della cultura e in particolare  dell’ arte pubblica in relazione allo spazio urbano ed ai processi rigenerativi.
In generale in Francia una lunga tradizione lega le trasformazioni dell’assetto cittadino, nel rapporto tra gestione del territorio e tutela dei diritti dei privati, con le questioni inerenti alle qualità degli interventi di riassetto urbano e delle procedure che sono sottese ai processi di trasformazione. Negli anni novanta le ZAC (Zone d'Amenagément Concertè) in Francia hanno provato a realizzare l’auspicato nuovo rapporto fra pubblico ed privato al fine di fornire il massimo della propria efficienza nel recupero di quelle aree degradate . Le ZAC nascono come strumento di controllo del territorio, in deroga al piano regolatore generale e se da un lato si propongono come interventi antitetici ai grandi progetti urbani ed alle grandi operazioni immobiliari, dall'altro sono un esempio per fare urbanistica, soprattutto nei casi in cui i capitali privati sostituiscano quelli pubblici. Tra gli strumenti che traducono il rapporto tra pubblico e privato nei progetti di riqualificazione urbana in Francia, c’è la SEM (Società ad Economia Mista) ed hanno un’importanza fondamentale nella gestione dei progetti fin dalle fasi iniziali del progetto nella realizzazione ad esempio delle attrezzature urbane che realizzano i nuovi quartieri.
Le ZAC rappresentano lo strumento per attuare le linee guida del legge sulla solidarietà e sulla riqualificazione urbana (SRU approvato nel dicembre 2000); che si ispira ad alcuni principi come quelli relativi alla dotazione di servizi e ad integrare I nuovi progetti nel contesto urbano e sociale preesistente, dando molta importanza alle fasi di mediazione, intesa come attenzione alle specificità dei luoghi, restituendo ai cittadini un ruolo rilevante nell'espressione dei loro pareri nelle procedure di concertazione.
In questo contesto emerge una delle operazioni più interessanti fatte in Francia, a Digione, relativa alla realizzazione di alcuni edifici, tra i quali quelli destinati agli alloggi per gli studenti, e delle aree del parco di sculture dell’Università della Borgogna Centrale. E’ stato possibile realizzare questo progetto, a firma delle archistars Herzog & De Meuron e Patrick Berger, attraverso l’invenzione, oltre vent’anni fa, di un protocollo innovativo denominato Les Nouveaux Commanditaires. Il documento nacque dalla constatazione che, negli anni Ottanta, l’arte non si iscrivesse più entro un racconto collettivo, ma all’interno di un affare privato.
Cioè l’arte ed il sistema ad essa collegato, dice Francois Hers, avevano permesso che la finanza, il commercio, l’industria, le città, gli stati, investissero molto nell’arte a proprio uso e consumo. Indubbiamente l’arte contemporanea ha così acquisito un valore economico e un’audience eccezionali, ma le espressioni dello spirito, della libertà e dell’etica si sono ridotte ad essere uno spettacolo tra gli altri, spettacolo il cui significato il più delle volte rimane sconosciuto ai più. Il rapporto tra pubblici e opera d’arte aveva creato una strutturazione individualistica dell’esperienza espositiva. In questa visione completamente individualistica della produzione e dell’uso di questo bene culturale gli artisti, come Francois Hers, intesero inventare un nuovo modo di fare arte ed un nuovo impegno. Tuttavia, dice lo stesso Hers: una delle capacità essenziali dell’opera si affievolisce: quella di dare corpo ad una presa di coscienza che possa servire come punto di riferimento nella marea di trasposizioni simboliche che ci vengono offerte per percepire la realtà.
(…)Partire dalla persona e dal luogo in cui vive per conoscere le esigenze culturali del tempo e trovare una risposta, piuttosto che partire da un’au- torità superiore per arrivare al particolare, con la vana speranza di democratizzare l’arte per il tramite di una generosa offerta o di intenzioni benevole. Dal XIX secolo fino ad oggi, i propositi degli artisti per mettere l’arte nella vita non hanno avuto successo e si sono trovati musealizzati qualunque fosse la loro rilevanza o la forza del desiderio di coinvolgere il pubblico3. Per riuscire, occorreva senza alcun dubbio attendere che ci fossero le condizioni perché che il solo, vero interlocutore dell’artista in democrazia, ovvero ogni cittadino che incarna il pubblico, potesse prendere da solo l’iniziativa e non dipendere da quella dell’artista o di chi commissiona un’opera, per mettere l’arte nella vita. È paradossale che sia proprio l’accento messo sugli interessi privati, con l’estinzione delle originarie funzioni dell’arte che induce, ad aprire all’arte la possibilità di assumere, di nuovo, un ruolo sociale forse più importante di quanto non sia mai stato. Questo è ciò che rivela l’attuazione del Protocollo dei Nuovi committenti, che fa dei desideri della società stessa, con le tensioni e i conflitti inerenti ad ogni espressione libera, il principale motore dell’arte contemporanea. Per farlo, il Protocollo implica la condivisione paritaria, da parte di tutti gli attori sociali coinvolti, delle responsabilità legate all’emergere di un’opera d’arte. Offre a chiunque lo desideri la possibilità di affermare pubblicamente una ragion d’essere dell’arte e di un investimento nella creazione assumendo, quindi, la responsabilità della commissione di un’opera. Qualunque sia il medium in questione (arti visive, architettura, musica, ... ), toccherà poi all’artista inventarne le forme, fuori dai contesti abituali e a partire dalle questioni sollevate da una coscienza divenuta comune; ai rappresentanti politici di assumere il proprio ruolo politico assicurando ogni mediazione necessaria relativamente agli interventi nella vita pubblica e diventare committenti alle stesse condizioni di ogni altro cittadino; ai mediatori artistici di arricchire il proprio ruolo sociale assicurando a tutti le competenze necessarie per rivolgersi agli artisti e produrre un’opera pubblica. infine, ai ricercatori è offerta l’occasione di sviluppare la conoscenza dei nostri problemi culturali e di mettere in prospettiva delle modalità di intervento appropriate.

L’altro cambiamento di paradigma è che l’azione può svolgersi ovunque sul territorio e che non deve essere gestita o controllata da un’autorità politica o finanziaria ma dagli attori stessi del processo, con l’aiuto di mediatori indipendenti e competenti in materia d’arte. Quanto alla loro azione, essa si concretizza grazie al sostegno di soggetti intermedi indipendenti la cui utilità pubblica sia anch’essa riconosciuta. Istituzioni in grado di incaricarsi dell’iniziativa privata, di agire sul lungo termine e di assicurare una ridistribuzione delle risorse disponibili che sia sempre oltremodo vicina alla contingenza, al fine di non scoraggiare l’iniziativa e di tener conto dei vincoli specifici di ogni produzione.
L’operazione di Digione in modo specifico crea l’opportunità, attraverso l’esproprio di alcune aree adiacenti al primigenio nucleo di edifici universitari, aree e fabbricati che rappresentavano un enclave all’interno degli edifici del Campus, oltre di trasformare ed espandere le attrezzature universitarie, di dare dimora ad un’importante collezione di opere di Karel Appel4.
L’intera operazione è stata finanziata col supporto del consiglio regionale della Borgogna e dal fondo nazionale di gestione e sviluppo del territorio. L’esplanade che ne è risultata è stata denominata René-Berthaut e coniuga il verde e l’arte, ai servizi pubblici come la linea del tram con una serie di stazioni dislocate su tutto il percorso all’interno del campus.
Questo esempio che è relativo al più ampio progetto de Le Grand Dijon, rappresenta solo in parte ciò che sta avvenendo in Francia in questi ultimi decenni. Bisogna dire che alla storica cultura che lega il potere politico alle grandi trasformazioni urbane (basti pensare di recente oltre al Grand Dijon in questione, il più ambizioso progetto Grand Paris promosso da Sarkozy e rilanciato dal nuovo governo Hollande), si sia affiancata la necessità di un miglioramento di controllo dei processi di trasformazione urbana sia in senso partecipativo, che in quello qualitativo. Per esempio nell’ambito della ZAC di Plateau-Ivry sur Seine si è istituito una nuova iniziativa denominata HQAC acronimo di Haute Qualitè Artistique et Culturelle. L’operazione è finalizzata a utilizzare il tempo del cantiere utile alla costruzione degli edifici, per coinvolgere attraverso la cultura e la creatività, gli abitanti del luogo e per crare in un processo identitario, una nuova comunità partecipe delle mutazioni in atto nei quartieri. TRANS 3055 è il programma artistico e culturale che si svolge nel cuore dei cantieri della ZAC di Plateau a Ivry-sur-Seine. Le demolizioni, i cantieri per la costruzione dei fabbricati, la costruzione di strade o la realizzazione di spazi pubblici non sono solo stress e fastidio, ma anche una risorsa per le arti ed un’occasione per realizzare progetti culturali. Il cantiere diventa così un luogo fondamentale nella vita di una città, dinamica, affascinante e bella. L’iniziativa intende così rendere questi spazi visibili e accessibili per gli utenti della città e per I creativi. TRANS 305 si chiama così perchè letteralmente ‘trasforma una trasformazione’ su vasta scala urbana in un laboratorio di ricerca e di creazioni artistiche, in un atelier a cielo aperto, in spazi di scambio relazionale sulla città in divenire. L'artista Stefan Shankland è il leader di questo progetto. Un team multidisciplinare, che riunisce artisti, architetti, grafici, web designer e mediatori culturali, lavora con lui. Questo programma è stato progettato e realizzato in stretta consultazione con gli attori pubblici e privati ​​che lavorano nei cantieri della ZAC di Plateau a Ivry sur Seine. Dal 2007, TRANS305 invitato la gente del posto e residenti, scuole di quartiere, studenti di scuole d'arte e di architettura, artisti in residenza, i servizi della città, i funzionari eletti e professionisti che lavorano sui siti urbani a prendere parte attiva nella creazione di una nuova cultura della città in trasformazione.

Questo tipo di approccio ‘strategico’ attraverso il contributo di artisti e creativi, come dice il filosofo Boris Groys, è da intendersi come un meccanismo teso a neutralizzare i sospetti da parte degli utenti,  di manipolazioni ciniche, di strumentalizzazioni per propaganda politica, di intrighi nascosti e criminali legati ai processi di trasformazione delle città.  L’artista gioca il ruolo dell’unica persona onesta in un mondo di corrotti ed ipocriti. Questi prova a riconquinstare il terreno di condivisione con il pubblico, attirandolo fuori dalla passività ed eliminando quella distanza estetica che permette agli osservatori non coinvolti nelle decisioni legate alle trasformazioni dei luoghi, in questo caso gli abitanti, di giudicare dall’esterno un’opera pubblica. Quando l’osservatore è coinvolto in una pratica fin dall’inizio, ogni critica si tramuta inevitabilmente in un’autocritica. Fino ad ora, in particolare negli ultimi decenni, il pubblico era visto esclusivamente come consumatore, cioè gli veniva negato qualsiasi tipo di ruolo attivo e qualsiasi capacità progettuale. In effetti già Michel de Certeau parlava delle tattiche di resistenza  e di una insospettabile capacità di reinventare il quotidiano da parte dell’uomo comune per eludere I vincoli sociali.
Nel caso dei laboratori, come Trans305, l’artista mette in scena una vera e propria “morte dell’autore”, un suicidio simbolico e, come analizzato da Bataille, gli individui che compiono il sacrificio più impegnativo ottengono riconoscimento e fama maggiori.
Questo non toglie che rendere il tempo del cantiere un momento di ‘costruzione’ della coscienza degli abitanti, rendendo comprensibile il processo e le fasi  che portano alla trasformazione di un luogo, rappresenti una vera innovazione da non sottovalutare. La questione del tempo nelle trasformazioni urbane sono fondamentali ed hanno offerto in vari casi delle opportunità per offrire servizi temporanei o in continuo sviluppo. Basti pensare all’esperienza dei Vinex nel Leidsche Rijn in Olanda e i protocolli com Bureau Beyond, finalizzati all’offerta di servizi nell’ambito dei cantieri di trasformazione. La dimensione temporale deve rientrare nell’ottica del miglioramento della gestione dei progetti, attraverso l’integrazione nelle fasi   di costruzione di processi altri che realizzino quell’idea di concertazione e diè la coordinata che deve rientrare e dei  anche nella logica dell’integrazione dei progetti di arte pubblica in una logica di premialità all’interno dei processi di trasferimento dei diritti del privato. Citando Kalflèche6 circa il modello francese, nelle zone di amministrazione concordata  l'articolo L. 311-3 prevede che l'istituzione delle ZAC offra lo stesso diritto di délaissement a tutti i proprietari di quell’area. In questo caso, il prezzo di vendita privata della proprietà è soggetto a una revisione delle aree di servizio.
Le comunità possono beneficiare di una serie di “aree riservate” che possono essere dedicate ad alcune realizzazioni d’ interesse generale  come i servizi o per la creazione di spazi verdi. Per tutto il periodo durante il quale queste aree sono riservate alla collettività, sono permessi usi solo se temporanei e non impediscano il compimento del progetto per il quale le “aree riservate” siano state istituite, e questa anche se il PLU le indichi come aree edificabili. Gli interventi temporanei legati all’offerta di servizi culturali potrebbero quindi contribuire ad incrementare la qualità dei processi di trasformazione, in una visione integrata degli interventi per la costruzione della città pubblica.

Note
1 AAVV, Faire Art Comme on Fait Société, Le Nouveaux Commanditaires, Les presses du Reél, Digione (FR), 2013

2 J. Ranciere, Le spectateur émancipé, La fabrique éditions, Parigi, 2008

3 Hers F. in Arte e Soggetto democratico: Francois Hers e i Nouveaux Commanditaires, Mulas P. (intervista a cura di), in MU6 n°30-2014

4 AAVV, Bienvenue sur “L’esplanade René-Berthaut”, in Le Grand Dijon, novembre 2013, TempsRéel, Digione

5 Kalflèche G., L’esperienza francese della Perequazione urbanistica : varie pratiche senza teorizzazione generale, 2013

6 In considerazione delle servitù imposte ad un proprietario, egli potrebbe in alcuni casi richiedere l'acquisto  dei suoi beni alla comunità.


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