Ljubljana on the Way to a Sustainable City a cura di  Domenico Potenza

torna su

Edvard Ravnikar: piazza della Rivoluzione a Lubiana. L’illusione poetica della metropoli.
Ales Vodopivec
PDF

La vittoria per il concorso di piazza della Rivoluzione a Lubiana (oggi piazza della Repubblica) da parte di Edvard Ravnikar, apre le porte della città alla rivoluzione urbanistica della seconda metà del XIX secolo. Si pensi a tale proposito che la Lubiana di Plecnik (all’inizio del suo lavoro sulla città nel 1921) era di appena 40.000 abitanti e quando nel 1970 il concorso per il complesso di piazza della Rivoluzione veniva pubblicato, la città aveva 130.000 abitanti (circa tre volte tanto). Nel progetto di Ravnikar l’area per piazza della Rivoluzione doveva definire, spazialmente e simbolicamente, l’idea della capitale della repubblica, con una piazza monumentale ed un monumento alla rivoluzione.(fig.1)
Plecnik aveva immaginato e realizzato un impianto classico e lo stesso Ravnikar era impegnato già negli anni ’40 sui problemi della risistemazione urbana della città (anche attraverso l’introduzione di alcuni elementi fondamentali del pensiero di Le Corbusier). Ma l’idea che lega in maniera forte il maestro e l’allievo è la convinzione di una concorrenza tra l’architettura ed il progetto urbano, anche Ravnikar (come Plecnik) ha sempre mantenuto il contesto spaziale come momento fondativo del concetto architettonico. Una modalità di immaginare la città che si traduce anche nella realizzazione di piazza della Rivoluzione, con tre edifici indipendenti che segnano sia la soluzione del contesto più propriamente urbano, sia la dimensione della scala paesaggistica, ponendo le sue due grandi torri come nuova porta di ingresso alla città, collocata tra i due colli principali.
Purtroppo la soppressione delle moderne politiche liberali in alcune repubbliche della Yugoslavia nei primi anni ’70 hanno rallentato la realizzazione del progetto e compromesso la dimensione e l’organizzazione originaria impostata da Ravnikar, seppur portata a compimento con successo anche a partire dal ridimensionamento del progetto. La realizzazione della piazza della Rivoluzione e dei suoi edifici, riflette tutta la modernità caratteristica del lavoro di Ravnikar e, nonostante alcune variazioni sostanziali della sua grammatica costruttiva (volumi al posto di masse, regolarità al posto della simmetria e nessuna decorazione), resta comunque fedele alla dimensione classica della architettura ed in particolare alla tradizione architettonica del suo maestro (Plecnik), senza tralasciare l’interesse per la tettonica costruttiva e la particolare predilezione per lo studio dell’involucro (anche questa di reminiscenza plecnikiana, semperiana, wagneriana). Il risultato è una doppia torre con un forte nucleo portante al centro e piani a sbalzo con una pelle in pietra (un mantello) sulla facciata che ne accentua la verticalità: realizzato con lastre di granito graffate come nella Postsparkasse di Otto Wagner a Vienna.(fig.2)(fig.3)
Tutta la costruzione è informata da un sistema costruttivo di tipo industriale, dettagli costruttivi semplici ma allo stesso tempo innovativi, così come tutta l’architettura slovena di quegli anni che utilizzava uno spiccato spirito innovativo contro la carenza delle tecniche costruttive locali.(fig.4)
La piazza è stata costruita nell’arco di tre decenni, dal progetto del 1950 fino al completamento del Cankarjev Dom nel 1983. Un progetto architettonico aperto (come lo aveva definito lo stesso Ravnikar) capace di assorbire tutte le modificazioni nei trent’anni della sua esecuzione che tuttavia conserva una forza ed una originalità di grande respiro, nonostante le variazioni apportate negli anni. In particolare l’inserimento del centro dei congressi, con una grande sala da concerti, una sala media, una sala rotonda ed un auditorium per spettacoli e film. Un inserimento che, nonostante i programmi, è riuscito a conservare l’originaria idea del progetto e ad assecondare le richieste del nuovo programma per il centro congressi. Il progetto ha superato ogni aspettativa, trasformando il luogo nel centro istituzionale della cultura slovena.
Di grande importanza anche la sistemazione dello spazio al contorno della piazza, con una strada commerciale e l’ingresso ai parcheggi del Cankarjev Dom, che collega i bordi nord e sud dell’impianto, sotto forma di passaggio aperto che si dimostrerà (nel tempo) molto ben inserito e collegato con la principale arteria pedonale, passando per il centro della città al fianco della via “Slovenska”  e protetto dal traffico urbano.(fig.5)
Nel presentare il progetto nel 1973 Ravnikar scriveva “la nostra città priva di una esperienza a questa scala, vede questo progetto come una forma di megalomania, mentre altri la considerano insignificante, ma la verità gli sarà restituita solo dall’uso di tutti i giorni, quando saremo in grado di percepirlo come un luogo di incontro ed una nuova centralità per i grandi eventi nazionali, una dimensione importante per il nuovo programma sociale che la caratterizza e che sarebbe stato difficile ospitare altrove”.  In questo senso ha vissuto e lavorato nella speranza che i suoi sforzi creativi non scomparissero nel vuoto e che lui stesso ha espresso in questo modo “… se nonostante la tecnologia dominante, rimane il trionfo momentaneo dell’illusione poetica, allora sarà sempre gratificante realizzare quello che l’architetto cerca nella sua opera”.(fig.6)(fig.7)

1 2 3 4 5 6 7