Abstract:
Il controllo del consumo delle risorse primarie, la capacità di riutilizzo e riciclo di materiali edili sempre più appaiono tra le strategie operative del costruire sostenibile. La conoscenza dei processi di produzione, delle modalità di impiego, dismissione e riutilizzo di materiali e prodotti è il presupposto per un possibile governo delle relative ricadute ambientali. In particolare, il controllo del flusso di rifiuti che si accompagna all’attuazione del processo edilizio andrebbe affrontato pensando, oltre che al riciclo, anche a efficaci strategie di riduzione alla fonte. È lecito pensare che la cultura tecnologica del progetto dovrebbe riappropriarsi della sua capacità di orientare efficacemente le scelte progettuali in favore di una rinnovata consapevolezza ambientale.
Riflessioni per eco orientarsi
Da anni ormai, la presa di coscienza della necessità di un agire più sostenibile sta determinando importanti cambiamenti volti a mitigare il peso ambientale del costruire “eco1” orientando il progetto alle varie scale, territoriale, urbana, architettonica e di interior-design . Sempre più si richiama l’innovazione tecnologica di prodotto, di progetto e di costruzione per l’implementazione dei requisiti e delle prestazioni ambientali lungo la filiera e, tra le strade alternative e sinergiche, appare con forza l’opportunità e l’esigenza di riutilizzare materiali provenienti da filiere pre e post consumo2. Infatti, oggi è sempre più facile trovare nei nuovi edifici prodotti da costruzione ottenuti da processi di riciclo pre e post consumo (Morabito, Bianchi, 2010) (Addis, 2005), di conseguenza, si modifica l’assetto delle imprese di costruzione che utilizzano materiali e prodotti quasi sconosciuti fino a pochi decenni fa; contestualmente, si assiste alla connaturata reticenza all’innovazione da parte di un gran numero di imprese “tradizionali” (Sinopoli, Tatano, 2002)3. L’esigenza di eco orientarsi si scontra infine anche con le modalità di trasferimento tecnologico delle innovazioni dal settore industriale a quello dell’edilizia. Andrea Campioli, scrive: «Nel settore delle costruzioni l’innovazione si presenta con carattere molteplice. In primo luogo perché in esso sono compresenti e interagiscono profondamente realtà appartenenti all’industria manifatturiera (materiali, prodotti, componenti, attrezzature) assieme a realtà facenti parte dell’industria dei servizi (società di progettazione, consulenti, società di management). In secondo luogo perché i percorsi attraverso i quali l’innovazione può attuarsi sono molto articolati e talvolta tortuosi» 4.
Volgendo l’attenzione verso le potenzialità di riutilizzo di materiali di scarto (da pre e post consumo), si incontra un quadro normativo in continua evoluzione. Dal contesto europeo emergono orientamenti, ora descrittivi ora prescrittivi, che obbligano/suggeriscono/invitano i vari Paesi facenti parte dell’Unione all’adozione di norme, protocolli e procedure orientate alla riduzione degli impatti ambientali. La gerarchia normativa (new Framework Waste Directive, EC 2008) colloca al primo posto le attività di recupero e promuove le attività di riutilizzo di scarti e rifiuti prodotti da pre e post consumo5. Mentre per una reale riduzione degli impatti ambientali del costruire, l’obiettivo di fondo rimane la riduzione stessa dei volumi dei rifiuti. In tal senso, con riferimento alle fasi di progettazione, costruzione e dismissione, le possibili attività di recupero, riuso e riciclo di materiali e edifici, descrivono interessanti scenari operativi e di ricerca, coerenti con il quadro culturale e normativo indicato. Secondo le norme vigenti, il riciclo e riutilizzo di scarti di lavorazione e sottoprodotti (da pre-consumo) (fig. 1), deve avvenire generalmente all’interno degli stessi processi produttivi o grazie a sinergie di filiere industriali (Campioli, Lavagna, Migliore, Oberti, Paganin, Talamo, 2014); il recupero e il riutilizzo o riciclo di rifiuti da costruzione e demolizione (da post consumo) possono invece avvenire in situ oppure tramite un primo conferimento/stoccaggio o trattamento preliminare (fig. 1) e poi un successivo trasferimento presso la sede di trasformazione (Monsù Scolaro, Spanedda, 2014).
La movimentazione dei rifiuti comporta sia un dispendio energetico che impatti ambientali in genere dipendenti dalla distanza e dalle caratteristiche tra luogo di produzione dei rifiuti e filiera di riciclo di appartenenza. La convenienza del processo di riciclo dipende quindi sia da fattori economici –strettamente connessi alle tecnologie e alle tecniche di trasformazione utilizzate (Schmidt, 2010) – che dal reale impatto ambientale connesso ai processi di trasformazione e alle filiere6. In chiave di impatti ambientali, il processo di riciclo di rifiuti da post consumo è da confrontare con il recupero di materiali da costruzione a scopo di riuso: quest’ultimo, in particolare se eseguito in cantiere, grazie a limitate movimentazioni di materiali, apparirebbe quale procedura alternativa con un limitato dispendio energetico e un miglior bilancio ambientale. Ma anche se eseguito fuori cantiere, il recupero di materiali post consumo a scopo di riutilizzo presenta evidenti risparmi energetici di trasformazione. Questo assunto, che sottende il recupero e riutilizzo di materia, è riferibile a un quadro culturale e operativo che spazia dalla famosa relazione dell’ACHP del 19797 fino alle recenti linee guida del progetto europeo EeBGuide Project8. A proposito dei processi di riqualificazione degli edifici esistenti, l’EeBGuide richiama numerose norme europee (in particolare la EN 15804 ed EN 159789) riferite da un lato ad una serie standardizzata di requisiti per lo sviluppo di dichiarazioni ambientali di prodotto (EPD) relative al settore edile, dall’altro ad una metodologia standardizzata per l’applicazione al settore delle costruzioni del metodo LCA. In particolare, gli indicatori ambientali della EN 15978 si riferiscono al “confine del sistema” – ovvero al campo canonico del costruire – ma prevedono un modulo aggiuntivo (D) che tiene conto di una possibile implementazione delle prestazioni ambientali del processo grazie al potenziale riutilizzo, riciclo e recupero di edifici e materiali preesistenti, quale salvaguardia delle risorse primarie. Il quadro operativo è infine arricchito dalla piattaforma online, free access, denominata Net WRAP Tool10.
In sintesi, la presente argomentazione descrive uno scenario all’interno del quale emergono alcuni temi di interesse che proviamo a riassumere per punti:
- la pressante richiesta di miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti implica una progressiva innovazione tecnologica dei processi onde ridurre i costi di produzione e migliorare le prestazioni dei prodotti secondari (innovazioni di prodotto);
- le ingenti quantità di rifiuti generati in edilizia dovrebbero principalmente indurre azioni volte alla riduzione dei volumi prodotti (innovazioni di progetto);
- il recupero di prodotti e materiali finalizzato al riutilizzo, per il futuro, appare la strategia più efficace per il contenimento dello sfruttamento delle risorse primarie e per la riduzione degli impatti ambientali del costruire.
Tuttavia, il recupero e il riutilizzo di rifiuti da post consumo implicano una verifica della reale convenienza economica connessa alle performance dei prodotti così ottenuti in relazione alle effettive possibilità operative previste dalle normative vigenti11. Tutto ciò invita a chiedersi se e come sia possibile conciliare le questioni insorgenti all’interno del processo di progetto e su quali presupposti si debba e si possa fondare un atteggiamento progettuale correttamente eco orientato che tenga in particolare conto dell’obiettivo di riduzione dei rifiuti da post consumo.
Riciclare, riutilizzare o ridurre?
Produrre, progettare, costruire e poi, demolire e/o smontare, e infine recuperare, riutilizzare e riciclare: come visto, nessuno di questi passaggi può definirsi autonomo all’interno di una logica sistemica di “processo edilizio eco orientato”. Il concetto di eco innovazione “…è uno dei principali driver dello sviluppo sostenibile…” (Morabito e Barberio, 2014)12 e il processo edilizio ne è pienamente investito lungo il suo svolgimento, dalla fase decisionale a quella progettuale, attuativa ed esecutiva per terminare con quella gestionale e di fine vita. L’eco innovazione del processo edilizio implica come in altri settori un approccio e un’operatività che segnino il passaggio da un’”economia lineare”, fondata sull’asse produrre-consumare-scartare/dismettere, a un’”economia circolare” che invece preveda il riutilizzo in luogo dello scarto o della dismissione, aspirando al prolungamento della vita utile di un prodotto e riducendo sia i volumi di rifiuti che il consumo di risorse primarie13. Eco innovare il processo edilizio, considerata la reticenza degli attori interessati appare compito molto arduo ma, oltre che per le incalzanti richieste soprattutto a livello europeo che cercano di orientare il mercato verso un atteggiamento eco compatibile, la riconversione del settore potrebbe essere motivata dagli oltre 500.000 nuovi posti di lavoro che si stimano nei prossimi cinque anni in seno ad una “re-industrializzazione green”14. Trasferendo questo ragionamento al settore delle costruzioni appare evidente quale potenziale si nasconda dietro ad una simile riconversione ed emergono alcuni aspetti sui quali parrebbe opportuno concentrarsi per declinare l’eco innovazione in termini processuali e sistemici attraverso:
- la realizzazione di nuovi prodotti e materiali, riciclabili ma soprattutto riutilizzabili (che utilizzino una bassa percentuale di risorse primarie e consumino minime quantità di energia durante il ciclo produttivo);
- la valutazione delle modalità di impiego a scopo progettuale (e quindi la creazione di un catalogo di materiali, prodotti e componenti a basso impatto ambientale con chiare indicazioni in termini di prestazioni tecnologiche e di modalità di assemblaggio);
- la messa a punto delle tecniche di costruzione, sia esistenti che relative ai nuovi prodotti (dalle quali emergano i limiti dell’impiego di materiali riciclati e riciclabili che interessino soprattutto la fase di dismissione e riutilizzo o riciclo);
- l’ottimizzazione dei processi di trasformazione dei rifiuti in risorse (assegnando a ogni prodotto, materiale o componente il relativo processo di dismissione e la filiera di appartenenza e riutilizzo o riciclo, per garantire il flusso circolare e definire la quota parte di flusso lineare che gli appartiene).
Tutto ciò andrebbe oltretutto favorito e accompagnato da una politica di incentivi economici all’utilizzo di prodotti e tecnologie green – per esempio secondo il criterio del “doppio dividendo”15 – o anche grazie a nuove organizzazioni di mercati basati sul riciclo e riutilizzo dei materiali e dei prodotti attraverso i centri di riuso16. In ogni caso, è bene sapere che qualcosa rimarrà “sempre” fuori dal flusso circolare – seguendo il flusso lineare – perché ancora è stabile la domanda di risorse primarie e ingente la produzione di rifiuti che necessariamente per loro caratteristiche hanno bisogno di essere smaltiti17.
D’altra parte, realisticamente, un processo di eco innovazione in campo edile18, sia nel caso della progettazione di nuovi edifici che della riqualificazione di manufatti esistenti, deve tener conto di due variabili e cioè, rispettivamente, del grado di diffusione della conoscenza e del trasferimento tecnologico delle informazioni dal settore industriale a quello delle costruzioni e della consistenza materica dell’edificio preesistente su cui si opera. Nel caso delle nuove costruzioni, la capacità di riduzione dei rifiuti e quindi il tempo ancora necessario per un’effettiva diminuzione dei volumi da trattare o smaltire dipendono sia dalla conoscenza dei prodotti e delle tecnologie a disposizione che dalla progressiva capacità di utilizzarle (oltre che dal profilo ambientale degli stessi)19; il progetto dovrà oltretutto prevedere un efficace processo di riutilizzo dei materiali impiegati nella costruzione e prospettare in sé margini di flessibilità che permetteranno l’adattamento in uso piuttosto che la demolizione del manufatto.
Molto più complessa appare la gestione del flusso di rifiuti generato dagli interventi di riqualificazione dell’esistente, che può definirsi “già dato” in seno a materiali e tecniche costruttive già presenti (fig. 3). In questo caso, la scelta di un intervento di riqualificazione, sia spaziale che prestazionale, dovrà presupporre un preliminare bilancio ambientale degli impatti negativi dovuti principalmente :
- alla rimozione degli eventuali detriti (generalmente inerti) e alla dismissione delle componenti inutilizzabili da conferire in discarica;
- al flusso dei nuovi materiali necessari all’intervento di riqualificazione;
tenendo conto anche degli impatti ambientali positivi dovuti:
- alla quota parte di materiali, prodotti e componenti riutilizzabili già presenti (anche nel caso di crolli parziali) o eventualmente facilmente riciclabili;
- al livello di prestazione residua degli elementi tecnici, che implicherà differenti gradi di intervento di riabilitazione tecnologica.
In quest’ultimo caso, il bilancio ambientale deriverà dal confronto tra grado di prestazione tecnologica in base alle alternative tecniche di intervento ed al “peso ambientale” dei materiali adottati (fig. 4).
Complessivamente, nell’ottica di un’economia circolare, allo scopo di implementare le ricadute ambientali positive –sia nel caso del nuovo che del recupero dell’esistente- bisognerà guardare a prodotti20:
- che sfruttino un minore contenuto di risorse primarie (ecosostenibili);
- che abbiano una maggiore durabilità;
- che richiedano un minore dispendio energetico in fase produttiva e in uso (quindi più efficienti);
- che siano facilmente trasformabili (riciclabilità);
- che siano facilmente separabili (riutilizzabilità);
- che siano facilmente mantenibili (riparabilità, manutenibilità e sostituibilità accresciuta).
Quanto detto, se applicato in modo sistematico, coerentemente con le attuali stime, potrebbe contribuire alla riduzione dell’impiego di risorse primarie del 17%-24% entro il 2030 in seno all’applicazione di una eco conversione del settore edile21. In sintesi, ciò richiama un orizzonte “Zero Waste” 22 in campo edile, e riguarda sia il processo di prodotto che quello di progetto e di costruzione senza dimenticare, al contempo, le scelte programmatiche preliminari all’intervento di trasformazione del territorio che riguardano il substrato culturale, economico e sociale23
Verso una “nuova” cultura tecnologica del progetto eco orientato
Secondo Giuseppe Ciribini (1984) la cultura tecnologica della progettazione è «un insieme di conoscenze che concernono l'analisi e la previsione circa l'impatto che la tecnologia, vista come espressione globale di una cultura spirituale e materiale, ha oggi e avrà domani sulla vita dell'uomo (individuo e società) in relazione all'ambiente fisico e biologico in cui egli è posto». La citazione, nella sua ampiezza e profondità di significati, inquadra ancora oggi esaustivamente la complessità che si accompagna all’atto progettuale. E ancora, «se il problema della qualità dell’ambiente costruito è riconosciuto come cardine dell’attività tecnica e progettuale, il progetto è a sua volta il cardine dell’industrializzazione dell’edilizia, e ogni fase del processo edilizio è progetto». Questione affrontata e discussa da Ciribini, ampliata verso la centralità del progetto negli anni ’80 in un periodo di grandi cambiamenti (Bosia, 2013), appare sempre di grande attualità nella misura in cui crescono la complessità e le implicazioni del progetto inteso quale atto delicato di trasformazione dell’ambiente naturale in cui viviamo e di adeguamento dell’ambiente costruito. La fase progettuale è il momento cardine del processo edilizio dal quale dipendono le scelte che inducono ricadute ambientali dirette e indirette (Nardi, 2003), delle fasi precedenti e successive, interne e contermini al processo stesso. Produzione, progettazione e costruzione, dismissione e riutilizzo, le fasi all’interno delle quali dovranno misurarsi gli obiettivi di qualità spaziale e tecnologica di ogni progetto interpolati rispetto agli impatti ambientali derivati24. Il progettista, dal canto suo, dovrebbe recuperare il suo ruolo e “tornare ad educare la committenza” oltre che orientare la produzione/favorire l’innovazione di prodotto attraverso le scelte progettuali; riferendoci in particolare ai processi produttivi ed alle caratteristiche prestazionali dei materiali, oltre che alle possibilità tecniche di assemblaggio e quindi di successiva dismissione e riutilizzo di materiali e componenti, è quanto mai necessario ritrovare i fondamenti della cultura tecnologica del progetto25.
È inoltre evidente che finché non si diffonderà una cultura ambientale tra gli operatori della filiera, non è ragionevole pensare ad azioni sistemiche di riduzione degli impatti o quantomeno dei rifiuti prodotti dalle attività edilizie e di trasformazione dell’ambiente (fig. 5).
Questo assunto definisce un quadro di ricerca applicata alquanto complesso, multidisciplinare e multi scalare che, dal punto di vista del progetto non può prescindere dalla qualità spaziale e tecnologica del risultato finale. Così, provando ad articolare un quadro sistemico di conoscenze utili alla definizione di un “profilo aggiornato” per una “nuova” cultura tecnologica del progetto, bisognerebbe:
a partire dal processo di produzione
- comprendere gli impatti della filiera – in termini di flussi di materia in ingresso e in uscita – e valutare quanto un prodotto e un processo produttivo siano realmente eco friendly (e non eco trendy), in particolare attraverso i requisiti di riduzione del flusso di materia prima e dei consumi energetici (in fase di produzione, di messa in opera, di riutilizzo e di trasformazione post consumo);
- mettere a sistema i produttori e favorire lo scambio di conoscenze utili alla creazione di sinergie operative (come la possibilità per un’azienda di utilizzare gli scarti da pre-consumo di un’altra azienda);
- rafforzare l’approvvigionamento sostenibile di materia e incentivare il mercato delle materie prime e seconde;
- favorire la tracciabilità dei prodotti e dei processi produttivi, per incentivare la sostenibilità economica e sociale correlata e rafforzare il sistema della dichiarazione ambientale di prodotto (EPD);
a partire dal processo di progettazione26
- valutare le possibili aggregazioni funzionali di materiali, prodotti e componenti o semilavorati, in funzione degli aspetti prestazionali e degli esiti spaziali (questi ultimi legati in particolare alle texture);
- esigere, nei capitolati prestazionali d’opera il piano di dismissione e riutilizzo dei materiali e dei componenti impiegati nel progetto, sostanziati dalla valutazione degli impatti ambientali correlati;
- elaborare specifici capitolati prestazionali finalizzati alla riduzione degli sfridi in fase di lavorazione e predisporre adeguati disegni esecutivi;
- valutare le alternative tecniche di intervento in relazione agli impatti ambientali derivati;
- nello specifico del patrimonio edilizio esistente, preliminarmente alla scelta degli immobili da riqualificare, valutare gli impatti ambientali delle azioni propedeutiche all’intervento (come le demolizioni e rimozioni, i volumi da conferire a discarica, le parti riutilizzabili e/o riciclabili);
a partire dal processo di costruzione (in relazione alla presunta cronologia delle lavorazioni)
- eseguire accuratamente le rimozioni, in particolare se di componenti da riutilizzare;
- eseguire una rigorosa selezione dei materiali e dei rifiuti presenti in cantiere in relazione alla filiera di appartenenza (recupero e riutilizzo; riciclo; termovalorizzazione e discarica);
- verificare la rispondenza tra le stime preliminari e il reale flusso di materiali e rifiuti (in/out) per mettere a punto un modello previsionale di supporto;
- verificare l’osservanza dei capitolati prestazionali esecutivi per limitare gli sfridi e attenersi alle previsioni di reimpiego degli stessi.
Inoltre è importante notare come i temi del riuso e del riciclo pongono alcune serie questioni riguardo alla configurazione dello spazio architettonico. Il primo aspetto riguarda la localizzazione dell'intervento (fig. 6), che dovrebbe essere influenzata anche da considerazioni sull'opportunità di sfruttare appieno le infrastrutture esistenti, terreni bisognosi di bonifiche, vantaggi di prossimità e condizioni microclimatiche dovute alla presenza di altri manufatti. Generalmente queste opportunità sono collegate a strategie di densificazione o sostituzione, ma a seconda della specificità dei siti e dei programmi possono essere seguite modalità differenti. Il punto fondamentale è costruire un sistema di relazioni col contesto che consenta il più possibile la valorizzazione e il riuso di quanto già presente nel sito. Un ulteriore aspetto riguarda la conformazione dell'edificio e le sue modalità costruttive (Monsù Scolaro, Spanedda, 2014). Nel caso di operazioni di riciclaggio o riuso il cui esito siano materiali simili a quelli normalmente in uso per processi di produzione e aspetto, il problema è sostanzialmente l'aggiornamento di progettisti, committenti, e operatori per fare comprendere le lievi differenze del nuovo materiale rispetto a quelli già conosciuti. Un esempio è il calcestruzzo ottenuto dal riciclaggio di elementi di calcestruzzo demoliti, apparentemente indistinguibile da quello ottenuto con modalità consuete. Nel caso invece di riuso o riciclaggio di elementi costruttivi o di materiali con proprietà e aspetto completamente diversi da quelli normalmente in uso, è necessario inventare la configurazione ed un'estetica del materiale e riuscire a comunicarla e condividerla col committente. Un esempio in tal senso può esser considerata la “Papierhouse on the world heritage Zollverein” di Dratz&Dratz Architekten, realizzato ad Essen nel 2010 (fig. 7), i cui muri di cartone riciclato producono un'esperienza visuale e tattile completamente diversa da un muro tradizionale27.
Conclusioni aperte e attività di ricerca in corso
Le riflessioni fin qui condotte tentano di articolare una risposta praticabile alla domanda se sia realmente possibile ridurre il flusso dei rifiuti prodotti in campo edile e quali strategie si possano attuare. In estrema sintesi, emerge con forza la necessità di una radicale revisione dello scenario operativo consolidato (a partire dai processi di produzione) per poi addivenire a scelte progettuali che prediligano materiali e prodotti riciclati e riciclabili ma, soprattutto, di recupero e in particolare riutilizzabili. La pratica del riutilizzo di materiali da post consumo sembra promettere le migliori performance ambientali del progetto ma una nuova cultura tecnologica dovrà all’occorrenza riconfigurarsi per garantire in ultimo le prestazioni tecnologiche e la qualità architettonica indispensabili. Si aprono così scenari ancora da indagare, che richiedono un approccio integrato e trasversale che prende in esame almeno tre ambiti caratterizzanti:
- la dimensione produttiva e la qualità ambientale del prodotto;
- la dimensione spaziale e la qualità architettonica del progetto;
- la dimensione tecnologica, intesa quale progetto delle soluzioni tecniche e delle scelte costruttive.
Su questi ambiti si è soffermato l’interesse del gruppo di ricerca, con particolare riguardo a:
- l’innovazione tecnologica possibile nel riutilizzo degli scarti di filiere produttive (a scala nazionale, mediante la stesura di un progetto di ricerca FIRB 2012, idoneo non finanziato);
- la qualità e la tipologia degli scarti da pre-consumo e dei rifiuti da post consumo, in particolare riferiti al settore edile (a scala regionale, nel 2013, mediante la stesura di un progetto per il bando promosso da SardegnaRicerche dal titolo “Programma progetti Cluster. Materiali per l’edilizia sostenibile”, idoneo non finanziato);
- l’esistenza di prodotti e di filiere produttive a basso impatto ambientale, finalizzati alla definizione di un primo catalogo di soluzioni costruttive per il recupero dell’esistente (a scala regionale, nel 2014, idoneo e finanziato dalla Fondazione Banco di Sardegna, in corso di svolgimento);
- il censimento di materiali e prodotti di scarto da post consumo, provenienti da filiere identificate (quali centri di prima raccolta e smistamento, o primo trattamento, a scala regionale). Questo progetto, elaborato nel luglio 2014 insieme ad aziende leader nel settore del recupero e riciclaggio di scarti, mira alla definizione delle procedure di trattamento di alcune categorie di materiali – in particolare legno e metalli – e alla possibilità di re immissione sul mercato.
Quest’ultimo progetto di ricerca, prelude alla definizione dei cosiddetti “centri per il riuso” di scarti e rifiuti da post consumo: al momento, l’unico progetto in corso in Italia – denominato “PRISCA. Pilot project for scale re-Use starting fron bulky waste stream” – è finanziato dalla Comunità Europea a valere su fondi “LIFE”28.
Antonello Monsù Scolaro è autore dell’intero articolo salvo il penultimo capoverso del paragrafo “Verso una “nuova” cultura tecnologica del progetto eco orientato”.
Francesco Spanedda è autore del penultimo capoverso del paragrafo “Verso una “nuova” cultura tecnologica del progetto eco orientato”.
Note
1. Costantino Cipolla scrive “Eco è sociologia della coevoluzione e questa è possibile solo se si contempla in essa il substrato biologico-fisico dell’uomo”
2. Vedasi la norma EN ISO 14201:2001 per la “Definizione di contenuto di materiale riciclato”, ovvero quale “Porzione, in massa, di materiale riciclato in un prodotto o in un imballaggio. Solo i materiali pre-consumo e post-consumo possono essere considerati ai fini della determinazione del contenuto di materiale riciclato, coerentemente con le seguenti definizioni”. Materiale da pre-consumo: sottratto dal flusso dei rifiuti durante un processo di fabbricazione. E’ escluso il riutilizzo di materiali rilavorati, rimacinati o dei residui generati in un processo e in grado di essere recuperati nello stesso processo che li ha generati. Materiale da post-consumo: Materiale generato da insediamenti domestici o da installazioni commerciali, industriali o istituzionali nel loro ruolo in qualità di utilizzatori finali del prodotto, che non può più essere utilizzato per lo scopo previsto. Ciò include il ritorno di materiale dalla catena di distribuzione. Queste definizioni sono poi riprese dal DLgs 3 aprile 2006, n. 152, art. 184-bis.
3. Sia in relazione all’impiego di nuovi prodotti che al miglioramento del profilo ambientale dei processi di costruzione. Le imprese di costruzione, in particolare le medio piccole, mantengono un assetto ed un’organizzazione interna tradizionale che resiste pervicacemente alle innovazioni: sia tecnologiche che tecniche e questo determina un rallentamento dell’innovazione del settore.
4. Campioli A, 2011, Qualità dell’architettura: innovazione, ricerca tecnologica e progett, in TECHNE’ 1/2011, pagg. 62-69
5. Il miglioramento nella gestione dei rifiuti sia urbani che, in particolare, da costruzione e demolizione è un mega trend (MGT) del SOER 2010 che sarà mantenuto e potenziato nel SOER 2015 (in base all’Implementation Plan del 2014). In termini di innovazione tecnologica, nel settore del prodotti contementi materiali da riciclo, da una parte si dovranno migliorare sia i processi di separazione dei rifiuti che le tecniche di trasformazione, dall’altra si dovrà guardare alla riduzione dei consumi energetici dei processi stessi, garantendo comunque la qualità del prodotto finale.
6. Per le categorie merceologiche interessate dal riciclo si veda il documento “The european environment. State of outlook 2010. Materials resources and waste”, European Environment Agency.
7. Nella quale si argomentava in modo organico sull’energia spesa per la riqualificazione, la demolizione e la nuova costruzione degli edifici e sull’opportunità di riutilizzo di edifici e materiali preesistenti in particolare in termini di energy embodied.
8. Operational Guidance for Life Cycle Assessment Studies of the Energy Efficient Buildings Initiative. L’EeBGuide promuove l’applicazione della metodologia LCA –semplificata o completa- riferita sia ai materiali (parte A) che agli edifici (parte B) in relazione agli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, nuovi ed esistenti; tra i numerosi parametri presi in esame, prevede il calcolo degli impatti ambientali nella gestione dei rifiuti da costruzione di nuovi edifici oltre che nelle operazioni di riqualificazione degli edifici esistenti.
9. EN 15804:2012 “Sustainability of construction works – Environmental product declarations – Core rules for the product category of construction products” ed EN 15978:2011 “Sustainability of construction works – Assessment of environmental performance of buildings – Calculation method”
10. Il “Net WRAP Tool” estende e sostituisce il precedente “The WRAP. Evaluation Tool for Recycled Content in Construction Projects (RC Tool)”. Questo strumento di calcolo permette di valutare -sia in fase di scelta del sito che di progetto- le possibili alternative per la riduzione dei rifiuti e quindi dei relativi costi di gestione. In relazione alle scelte di progetto, sia per opere di ingegneria che di costruzione di nuovi edifici o di recupero, è possibile inoltre valutare il contenuto di materiale riciclato impiegato e le perdite o i guadagni in relazione all’impiego di materiali ottenuti da risorse primarie; in altre parole, è un interessante strumento per valutare preliminarmente la capacità di spreco o di ottimizzazione di materia.
11. Si vedano in particolare le recenti definizioni di “end of waste” e di “materia prima seconda”, sia in riferimento al più aggiornato quadro legislativo (nazionale ed europeo) che in relazione al DM 05 febbraio 1998
12. Morabito e Barberio continuano: “e della transizione verso un nuovo modello economico basato sull’approvvigionamento e uso più sostenibile delle risorse e sulla riduzione degli impatti ambientali e sociali, ai fini di un miglioramento generalizzato della qualità della vita”.
13. Si veda in proposito il documento COM(2014) 398 final, Bruxelles, 2.7.2014. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni denominata “Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti”
14. Ellen MacArthur Foundation, report vol. 3-2014. Towards the Circular Economy: Accelerating the scale-up across global supply chains. “over US$1 trillion a year could be generated by 2025 for the global economy and 100,000 new jobs created for the next five years if companies focused on encouraging the build-up of circular supply chains to increase the rate of recycling, reuse and remanufacture. This would maximize the value of materials when products approach the end of their use”. Disponibile su http://www.ellenmacarthurfoundation.org/business/reports/ce2014
15. Nella prospettiva di promuovere “nuove forme di fiscalità energetica e ambientale” si pone anche la recente legge di Delega fiscale (legge 11/03/2014, n. 23) al fine di creare opportunità di sviluppo sostenibile legate alla green economy e, al contempo, orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili. La revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i principi che verranno adottati con l'approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE di cui alla comunicazione COM (2011) 169 della Commissione, del 13 /04/2011, persegue la finalità del “doppio dividendo”. Pertanto il maggior gettito dovrebbe essere destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
16. Al momento attuale, in Italia, il Ministero per l’Ambiente à impegnato nella definizione delle modalità di organizzazione dei centri di riuso. Alcune Regioni hanno già emanato apposite regolamentazioni, come nel caso della Regione Marche che ha approvato con la DGRM n. 1793 del 13/12/2010 le “Prime Linee di indirizzo regionali concernenti i Centri del Riuso”.
17. In ambito europeo, il flusso dei rifiuti da costruzione e demolizione è uno dei più pesanti e voluminoso: rappresenta circa il 25% - 30% di tutti i rifiuti prodotti nell'UE e sono presenti molti materiali alcuni dei fanno parte di filiere del riciclo già consolidate come quelle del calcestruzzo, mattoni, gesso, legno, vetro, metalli, plastica, i cui costi, come già detto dipendono dalle modalità di separazione e dalle tecnologie di trasformazione. Ciononostante, a livello europeo si stima una grande variabilità del livello di riciclo e riutilizzo dei rifiuti da C&D: tra meno del 10% ad oltre il 90%, ed ancora molti rifiuti sono in gran parte smaltiti in discarica.
18. Che presuppone un efficace approccio circolare all’economia e quindi una riduzione del flusso dei rifiuti ed un’ottimizzazione delle risorse
19. In tal senso, richiamiamo gli attuali protocolli LEED-GBC, ITACA, SB100 (ma non solo) che permettono di attribuire un “peso” ambientale alle scelte progettuali ed indirizzarle con riferimento sia alla fase di produzione dei materiali che a quella di dismissione, chiamando in campo una serie di requisiti che i materiali e gli elementi tecnici devono possedere quali riciclabilità, contenuto di riciclato, ecc. Nell’ottica dell’economica circolare in edilizia, sarebbe importante inserire il requisito “riutilizzabilità” quale elemento dirimente delle questioni legate agli impatti ambientali delle scelte progettuali e costruttive.
20. Per una più ampia consultazione degli indirizzi, si veda nota 10
21. Guide to resource efficiency in manufacturing: Experiences from improving resource efficiency in manufacturing companies, Europe INNOVA, 2012.
22. Ci rifacciamo alla definizione adottata da Zero Waste Management Alliance, ovvero “Zero Waste is a goal that is both pragmatic and visionary, to guide people to emulate sustainable natural cycles, where all discarded materials are resources for others to use. Zero Waste means designing and managing products and processes to reduce the volume and toxicity of waste and materials, conserve and recover all resources, and not burn or bury them. Implementing Zero Waste will eliminate all discharges to land, water, or air that may be a threat to planetary, human, animal or plant health”, disponibile su http://www.zerowasteeurope.eu/about/principles-zw-europe/
23. Non si può pensare ad una sostenibilità che non sia relativa al contesto e quindi anche la capacità di riduzione dei rifiuti dipende dal grado di evoluzione della società ma anche dalla sua non evoluzione se si considera una proporzionalità tra progresso e capacità di generare rifiuti.
24. Un pensiero progettuale eco orientato dovrebbe fondarsi sulla conoscenza delle peculiarità ambientali del contesto ed essere capace di adottare scelte ecosostenibili; da qui le suggestioni derivanti dall’LCT, ovvero dal Lyfe Cycle Thinking, utili a definire lo scenario per una “nuova” cultura tecnologica del progetto finalizzata ad un utilizzo sostenibile delle risorse, all’elaborazione di soluzioni progettuali efficaci e durature, alla riduzione dei rifiuti.
25. Le criticità di un’efficace riduzione degli impatti ambientali del costruire sembrano dipendere sia dall’”ignoranza” degli operatori che dalla mancanza di un atteggiamento integrato ai vari livelli (dal produttore al consumatore). Le responsabilità si estendono anche agli amministratori pubblici che dovrebbero essere “educati” ovvero aiutati a valutare fin dalla fase di programmazione degli interventi le ricadute ambientali delle proprie scelte sia alla scala territoriale che urbana.
26. «…on Europe has to invest in a well-functioning circular economy where resources and products are sustainably sourced, designed to be re-used, remanufactured and recycled so that waste becomes a resource and less primary raw material needs to be used. This should improve the global competitiveness of our companies, secure our materials supply, create new jobs..» da “Towards a resource efficient and circular economy” (second set of policy recommendations adopted in Brussels, 31 March 2014), in EUROPEAN RESOURCE EFFICIENCY PLATFORM (EREP) Manifesto & Policy Recommendations (Bruxelles, 17 December 2012)
27. Tutto ciò presuppone una rinnovata capacità di comprendere le complessità sottese da un processo edilizio attento alle ricadute ambientali delle scelte progettuali -tecnologiche e spaziali-. L’attuazione progressiva di questo approccio dovrà presupporre l’integrazione operativa degli attori interessati dal processo –amministratori, imprese, produttori- e l’efficacia delle previsioni potrà essere misurata –grossolanamente- in funzione inversa alla riduzione del flusso di rifiuti, a partire dai singoli cantieri. Infine, sotto il profilo tecnologico, l’efficacia dipenderà dalla capacità di controllare le soluzioni tecniche attraverso materiali dallo spiccato profilo ambientale e di dialogare costruttivamente con le condizioni operative del contesto –sociali e culturali- che non saranno mai neutre rispetto agli orizzonti del presente lavoro anche se non al momento approfondite.
28. Per maggiori informazioni vedasi il sito http://www.progettoprisca.eu/index.php?lang=it
Gli autori
Antonello Monsù Scolaro (amscolaro@uniss.it), è ricercatore (SSD-ICAR12), presso il Dipartimento di Architettura, Design ed Urbanistica dell’Università degli Studi di Sassari.
Già funzionario architetto presso la Soprintendenza di Sassari, studia gli strumenti, i materiali ed i metodi per il recupero e la riqualificazione dell’ambiente costruito tramite tecnologie a basso impatto ambientale.
Francesco Spanedda (francesco.spanedda@uniss.it), è ricercatore (SSD-ICAR14) presso il Dipartimento di Architettura, Design ed Urbanistica dell’università degli Studi di Sassari, è architetto libero professionista.
La sua ricerca e la sua attività di progettazione sono focalizzate sulla progettazione sostenibile, intesa come un approccio olistico che connette architettura, ingegneria e paesaggio.
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