1. Il Paesaggio Cubista nella Città Mediterranea
Il paesaggio mediterraneo è un territorio dal sole intenso e dalle ombre taglienti, solcato da torrenti e segnato puntualmente da colline scolpite dai terrazzamenti che scendono fino al mare. É un paesaggio trasformato dall’uomo nella sua totalità.
I paesi si distendono sui promontori e le case si dispongono l’una a lato dell’altra, digradando dalle vette fino alla pianura.
I campi verdi e le coltivazioni disegnano superfici piane e regolari e i mutui dislivelli vengono risolti attraverso muri in pietra costruiti a secco.
La terra è densa, lavorata su strati che si sono progressivamente sovrapposti e conservati durante i secoli, e offre una gamma infinita di tonalità che variano dal rosso al vermiglio e al carminio, dall’ocra alla terra di siena.
Intensi sono gli azzurri del cielo.
Concettualmente, il paesaggio mediterraneo può essere inteso come un paesaggio cubista. La sintesi delle differenti prospettive e delle geometrie del luogo, come i campi, le facciate delle case o le pareti delle montagne, si inquadrano in una superficie piana che può essere assimilata alla tela di un pittore.
Cézanne, nei suoi paesaggi di Gardanne, già aveva intrapreso questo cammino giustapponendo differenti gradazioni di colore e Picasso, in sintonia con Braque, lo culmina trasformando completamente l’oggetto e il luogo negli esultanti quadri di figure e paesaggi dipinti a Horta de Sant Joan nel 1909.
Il paesaggio cubista, attraverso un processo d’astrazione della forma, plasma la molteplicità dei contenuti e delle percezioni di un luogo e, attraverso l’acquisizione delle sue peculiarità formali e dei suoi momenti più significativi, crea una nuova realtà. (FIGG. 1, 2 e 3)
2. Paesaggio urbano
Nelle natura concettuale e formale del cubismo si intravede una grande potenzialità di trasposizione nel campo dell’architettura e della progettazione urbana. In questo senso, appare particolarmente interessante la sua capacità di trasformare un luogo. Non si tratta di adottare un linguaggio “à la mode”, superficiale e privo di contenuto, né di scomporre ciò che già è stato disgregato dalla metropoli moderna, o di chiudersi in una autoframmentazione “a sé stante”, e nemmeno di utilizzare il contesto come una materia indefinita e indeterminata, suscettibile di sterili e incontrollate manipolazioni.
Si tratta invece di costruire un paesaggio geometrico, dal carattere forte, che riempia di contenuto i vuoti della città, trasformando il degrado in elemento d’attrazione e integrando nuove funzioni civiche di tipo ricreativo e di servizio.
Un altro aspetto peculiare della pittura cubista è la capacità di conferire lo stesso grado di protagonismo tanto al soggetto quanto allo sfondo, al contrario di quanto avviene, per esempio, nei verdi e fluenti paesaggi anglosassoni che, sublimando la Natura a modello olistico, materializzano un vuoto che si contrappone alla massa edificata ed inteso come negazione dell’urbanità. Nella trasformazione della città contemporanea fatta di blocchi costruiti e spazi liberi, il paesaggio cubista definisce un nuovo ritmo spaziale e integra pieni e vuoti, approcciandosi e trattando in modo equivalente gli elementi architettonici e quelli del contesto naturale.
Il progetto del Parco Centrale di Nou Barris di Barcellona propone la traslazione e l’applicazione del concetto di paesaggio cubista al paesaggio urbano. La rigida volumetria del piano pittorico esplode e si libera nelle tre dimensioni dello spazio reale, trasformando completamente il contesto.
Il nuovo paesaggio è frammentato, ma allo stesso tempo ambivalente poiché integra le parti piene con quelle vuote. È dinamico e capace di adattarsi alle future evoluzioni urbane, in termini di forma, funzioni e significato collettivo. Esprime in forma libera e spontanea i confronti e le contraddizioni di una società pluralista e, così come nel paesaggio mediterraneo l’uomo è in armonia con la natura, nel paesaggio urbano cubista gli edifici si riconciliano con lo spazio pubblico. (FIGG. 4, 5, 6 e 7)
3. Le stanze all’aperto
La nozione di ‘stanza all’aperto’ si è andata progressivamente plasmando e affinando negli ultimi anni. Questo concetto è stato fonte d’ispirazione per molti degli interventi realizzati nel paesaggio della città contemporanea e ha contribuito a definire un approccio di tipo urbano verso ogni tipo di progetto.
L’oggetto architettonico, infatti, non viene inteso come un semplice elemento isolato, bensì come appartenente a un contesto più ampio, il quale viene a sua volta coinvolto e trasformato dal progetto stesso. Si tratta di un approccio che integra in un’unica struttura concettuale architettura, urbanismo e paesaggio e in cui i significati di interno ed esterno vengono combinati in modo consapevole, attraverso il disegno di spazi diafani, in un certo senso ambigui, che si concretizzano appunto nelle ‘stanze all’aperto’..
La filosofia e l’approccio progettuale di Arriola & Fiol è nato, si sono sviluppati e consolidati proprio nell’ambito di questo quadro teorico. Lo nostra strategia progettuale mette in relazione, sempre e in primo luogo, il tema del disegno (qualunque esso sia) con l’identità del luogo in cui si inserisce, tanto per quanto riguarda l’aspetto formale e storico-culturale che per quanto riguarda gli usi e le funzioni.
Una dei principali temi di riflessione della nostra filosofia riguarda il limite fra spazio chiuso e spazio aperto, sia a livello semantico che per quanto riguarda la sua espressione formale. Da un lato, tale limite è stato sempre molto rigido e marcato nell’architettura storica; dall’altro, nel progetto moderno, ha perso il proprio carattere dominante, convertendosi spesso in un elemento indefinito e privo di significato. Dal nostro punto di vista, lo spazio interno e lo spazio esterno, seppur distinti, devono essere fortemente e intrinsecamente connessi l’uno con l’altro e mantenere un giusto grado di non-definizione e complementarietà.
La nostra architettura si modella e si esprime sulla base di questi principi e prende forma per mezzo di ‘stanze esterne’ e ‘spazi aperti interni’. Questo tipo di approccio mette inevitabilmente in discussione anche l’usuale contrapposizione fra spazio pubblico e spazio privato: lo spazio pubblico è sempre uno spazio esterno? E quello privato è necessariamente chiuso e interno?
Secondo la nostra visione, le caratteristiche formali, fisiche e funzionali di spazi interni ed esterni non differiscono completamente le une dalle altre. Il concetto di ‘stanza esterna’ costituisce una nuova chiave di lettura per il progetto d’architettura e apre nuovi interessanti campi di ricerca e sperimentazione di tipo multidisciplinare. Un approccio di questo genere, flessibile e dinamico, possiede un grande potenziale poiché è capace di adattarsi alla realtà urbana contemporanea e alla varietà di temi e situazioni che si condensano in essa. (FIGG. 8 e 9)
4. La sostenibilità come capacità di adattamento al contesto urbano
Al giorno d’oggi, tutti parlano di sostenibilità in forma generalizzata. Nella maggioranza dei casi, questo termine è diventato un luogo comune, un’espressione ‘alla moda’ che viene utilizzata o associata, più o meno a proposito, ai concetti più disparati, nel vano intento di conferire una parvenza più innovativa e attraente a temi già ampiamente trattati.
In realtà, la sostenibilità non è un’invenzione rivoluzionaria del XXI secolo, ma un’attitudine che è sempre stata presente ed intrinseca nell’architettura vernacolare.
La copertura ventilata alla catalana (terrat a la catalana), la persiana mediterranea a lamelle orizzontali orientabili (persiana de llibret), così come le spesse murature delle costruzioni tradizionali (parets gruixudes) sono solo alcune delle soluzioni costruttive sostenibili adottate dai maestri d’opera (mestres d’obres), nell’intento di adattarsi e mitigare gli effetti del clima locale. Non si tratta di sistemi altamente tecnologici e innovativi, ma di accorgimenti semplici e razionali, frutto di una esperienza popolare che si è andata accumulando nei secoli.
Similmente, nel caso della Kasbah di Algeri, la tipica forma scalonata delle abitazioni, l’assenza di aperture verso l’esterno, la disposizione degli ambienti attorno al patio centrale e i differenti sistemi studiati per la ventilazione naturale sono nient’altro che l’espressione formale dell’adeguamento dell’architettura all’intorno naturale.
Un edificio può essere considerato sostenibile quando è capace di adattarsi e integrarsi con il contesto che lo circonda, sia esso naturale o artificiale.
In questo senso, è possibile fare un parallelismo tra l’architettura e il principio su cui si basa la teoria darwiniana, secondo la quale tutte le specie viventi si adattano inevitabilmente al contesto specifico in cui si trovano, evolvendosi con esso; in caso contrario sono destinate ad estinguersi.
Lo spazio pubblico rappresenta un territorio operativo e di sperimentazione eccellente per l’architettura. È qui, infatti, che la qualità urbana, la Civitas, può esprimere e manifestare al meglio le proprie potenzialità.
Come si disegna uno spazio pubblico sostenibile? Come si valuta il suo grado di sostenibilità? E quali sono le caratteristiche che gli consentono di adattarsi e integrarsi con l’intorno urbano?
La teoría del paesaggio cubista è l’espressione del paesaggio naturale che si adatta e si integra con la città.
Gli spazi pubblici sono la manifestazione concreta della teoria dell’evoluzione darwiniana applicata all’architettura e costituiscono la più chiara espressione dell’urbanità, ovvero dell’elemento catalizzatore della trasformazione della città. (FIGG. 10, 11, 12, 13, 14 e 15)