In the foreground

Intervista a Mario Kaiser*, di Massimo Angrilli

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M.A. Il progetto del Parco Olimpico per i Giochi del 2012  è stato comunicato come un progetto-manifesto della sostenibilità, la stessa candidatura dell’Inghilterra si è fortemente fondata su questo ambizioso obiettivo. Come è stato perseguito e quali sono gli elementi sui quali si fonda la responsabilità etica ed ambientale del progetto, sapendo che solo in poche esperienze nel passato i grandi eventi hanno rappresentato una concreta opportunità di crescita e di riqualificazione delle aree interessate.

M.K. La sostenibilità è generalmente affrontata attraverso soluzioni puntuali e tecnologiche, il progetto del Parco Olimpico tenta invece di rispondere in modo strutturale al tema della sostenibilità attraverso una scelta di fondo che ispira tutto il processo di ideazione e realizzazione del programma olimpico. La scelta riguarda la volontà di considerare tutto il progetto di Parco Olimpico come una ricaduta di un progetto più ambizioso, quello che prevede di riqualificare una delle are più degradate del Regno Unito, l’East End, facendone, attraverso la realizzazione di una nuova zona urbana dotata di uno dei più grandi parchi urbani mai realizzati (220 Ha), un contesto di elevata qualità di vita. Questo obiettivo può essere raggiunto solo grazie alle grandi opportunità offerte dalle ingenti risorse economiche messe a disposizione da un grande evento come quello dei giochi olimpici. Dunque in tutta la progettazione il primo obiettivo è stato quello della riqualificazione urbana ed ambientale, prima ancora dell’allestimento di un sito idoneo ai giochi olimpici. In altre parole il progetto del Parco Olimpico sarà nella filigrana del progetto di rigenerazione della Lower Lea Valley**, il cui Master Plan è stato adeguato alle esigenze dei Giochi, secondo un processo completamente opposto a quello che in passato è stato adottato per tutti i grandi eventi (Our vision is to use the power of the Games to inspire lasting change).
Secondo questa filosofia la sostenibilità del progetto dei Giochi Olimpici consiste nel fissare i giusti obiettivi, quelli che consentono di evitare gli sprechi che normalmente si verificano nell’organizzazione dei grandi eventi.

M.A. La rigenerazione urbana ed ambientale dell’East London rappresenta dunque un punto decisivo del programma olimpico. Su quali scelte si fonda la sua progettazione e quali sono le fasi in cui è articolato?

M.K. Il progetto dei Giochi è articolato in tre Masterplan: il primo è il Masterplan dei Giochi Olimpici; il secondo della fase cosiddetta di Transizione ed il terzo è il Masterplan della Legacy (eredità). Il primo si occupa delle Olimpiadi vere e proprie e detta i tempi e gli spazi legati al periodo di svolgimento dei giochi. Il secondo si occupa della trasformazione (fase di transizione) del sito da Parco Olimpico a zona urbana dotata di residenze, uffici, negozi, esercizi commerciali, laboratori industriali, alberghi, ed è gestito dall’ODA (Olympic Delivery Authority: l’ente, incaricato della gestione del Parco Olimpico nonché del processo di adattamento del sito alle future esigenze della città). Il terzo Masterplan (della Legacy) è il vero Masterplan del progetto, l’obiettivo è sempre stato quello di fare di un’area tra le più sottosviluppate del Regno Unito una zona verde urbana ad elevata qualità. La visibilità, la disponibilità di fondi e di investimenti garantite dall’evento olimpico può consentire di guardare all’obiettivo di lungo periodo, adattando di volta in volta le opere previste per i giochi senza sprechi, così ad esempio dei 15 impianti previsti quelli che saranno davvero utili alla città del 2020 saranno solo 4, di cui due resteranno immutati e altri due saranno trasformati; lo stadio da 80.000 spettatori è sovradimensionato per le normali esigenze di una città, a fine evento sarà ridimensionato e portato ad una capienza di 25.000 spettatori e così anche accadrà per lo Stadio del Nuoto progettato da Zaha Hadid.
Ogni opera è stato progettata pensando alla sua doppia versione, quella di opera funzionale ai giochi, che esaurisce nell’arco di circa un mese il suo programma, e quella di opera che resta a servizio della comunità e delle generazioni future. Così ad esempio i percorsi all’interno del parco sono stati progettati sia per svolgere adeguatamente la loro funzione nel corso dell’evento (consentire il movimento di importanti flussi pedonali), ed hanno pertanto una larghezza pari a 40 metri, sia per svolgere la loro funzione futura (nella fase post-evento) di semplici percorsi interni al parco urbano, ridotti pertanto a soli 4 metri di larghezza.

Venendo alle scelte effettuate occorre dire che il progetto in primo luogo ha previsto come atto di avvio la bonifica ambientale delle aree, oggi in stato di forte degrado e con suoli fortemente contaminati dalle attività industriali presenti in passato nelle aree prescelte per i Giochi. In particolare sono stati realizzati i lavori di rimodellamento e riqualificazione del fiume e dei canali (dal fiume sono state estratte automobili, carrelli della spesa e svariati altri rifiuti), di interramento delle linee elettriche e di generale potenziamento del sistema ambientale, puntando alla rigenerazione del verde e degli spazi aperti. A queste categorie di opere è stata assegnata un’ampia quota del budget disponibile; un dato, questo, che ci mostra con chiarezza le finalità dell’iniziativa.

When we bid to host the 2012 Olympic Games and Paralympic Games,
we made a radical proposal to the International Olympic Committee. This
proposal was entitled “Towards a One Planet Olympics”. We committed not
simply to put on the biggest sporting event in the world, but to host the
world’s first truly sustainable Olympic and Paralympic Games.

Il 90% dei terreni scavati nel corso dei lavori, sia in quelli di rimodellamento delle sponde dei canali e dei suoli del parco, sia per la realizzazione delle fondazioni delle opere, è stato reimpiegato in sito, minimizzando così l’impatto derivante dalla movimentazione di centinaia di camion. Ciò è stato possibile grazie all’impiego di quattro enormi macchinari, denominati “Soil Hospital”, che avevano il compito di lavare, ripulire e trattare tutto il terreno fino a raggiungere un adeguato grado di purezza. Il residuo 10% di sostanze inquinanti (un vero  e proprio concentrato di contaminanti, una polvere finissima soprannominata snow) dopo il processo di bonifica è stato portato nelle discariche speciali con le chiatte.

M.A. Come è stato gestito il rapporto tra Master Plan e singoli progetti, e come si sono relazionati i singoli progettisti con gli obiettivi generali fissati dall’ODA? In altre parole le scelte operate sono state influenzate dalla cabina di regia o c’è stata libertà di scelta?

M.K. Il programma olimpico si è dotato di strategie generali per arrivare a raggiungere determinati obiettivi, ad esempio è stata fissata la percentuale di energia che doveva provenire da fonti rinnovabili; il carico massimo di rifiuti producibile; il numero massimo di trasporti sopportabili dai quartieri intorno all’area di cantiere. C’erano pertanto obiettivi comuni prestabiliti e quantificati e ciascuna opera doveva obbligatoriamente ottemperare a questi obiettivi garantendo la propria quota parte, ad esempio in termini di percentuali di energia verde da generare. Il progettista era quindi tenuto a rispettare questa griglia di misure, mantenendo piena libertà di scelta in merito alla modalità di raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.
Il controllo di questi obiettivi è stato esercitato mediante revisioni periodiche, nel corso delle quali si verificava la qualità estetica e la qualità prestazionale della progettazione nonché il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati. In molti casi i progetti hanno ricevuto il bollino rosso perché non perfettamente rispondenti alle esigenze del programma. Ma l’elemento più importante è stato senz’altro il clima positivo che si è creato all’interno del team di progettazione, ispirato dai principi etici della sostenibilità ma anche dagli incentivi economici generosi assicurati dall’Agenzia di missione, che ha consentito di costruire quella strategia di comuni intenti capace poi di muovere tutti i protagonisti ed i progetti nella medesima direzione di lavoro. 

“Inspiring change in the supply chain and creating an ethos of sustainability within the organisation”

M.A. Dunque il ruolo giocato dal processo di management del progetto nel conseguimento della qualità della progettazione delle opere è stato decisivo.

M.K. Un ruolo fondamentale, grazie soprattutto al “value engineering”, un processo per cui alla fine di ogni stadio della progettazione il progetto veniva sottoposto ad uno staff di esperti, ai quali veniva affidato il compito di valutare quelle possibili alternative alle scelte effettuate dal progettista che pur mantenendo lo spirito dell’opera ne migliorassero le prestazioni ed anche la rispondenza ai parametri di costo complessivo. Si è trattato quindi di un continuo riesame delle proposte progettuali degli architetti, ricalibrate di volta in volta, a partire dal preliminare e fino all’esecutivo, mediando tra le aspirazioni del progettista e le esigenze più complessive del programma olimpico.

M.A. Fino ad oggi la riflessione sulle tematiche ambientali non sembra ancora essere riuscita ad incidere sul processo di concepimento formale ed estetico del progetto. Ritiene che l’etica della sostenibilità abbia rappresentato un elemento di rinnovamento anche formale del progetto architettonico ed urbano del Parco Olimpico?

M.K. Questa osservazione coglie molto bene un punto essenziale, molto chiaro negli esiti formali dei progetti del Parco Olimpico di Londra 2012. Spesso la ricerca estetica conduce i progettisti ad allontanarsi dagli obiettivi della sostenibilità ambientale ed osserviamo con frequenza opere realizzate con materiali inopportuni e inadeguati per inseguire canoni formali fini a se stessi. Nel parco olimpico tutti i progetti si presentano con tonalità di immagine molto più contenute di quanto abitualmente sia accaduto negli eventi passati . Il “wow factor” (fattore sorpresa) in progetti concepiti nel recente passato, ad esempio per Shangai (vedi lo stadio di Herzog & de Meuron) spostavano l’attenzione sull’effetto spettacolare delle opere, complice anche la ricerca di risultati immediati sul piano della comunicazione al grande pubblico dell’evento.
Nel caso di Londra l’unico concorso di livello internazionale, voluto anche con finalità di promozione per l’evento, è stato quello svolto per lo Stadio dell’acqua e aggiudicato a Zaha Hadid. Ma se si guarda all’evoluzione del progetto ci si accorge di come le scelte sulla sostenibilità abbiano nel corso del suo sviluppo condotto la stesa progettista a “normalizzare” i toni del suo lavoro, come risultato della necessità di far corrispondere il progetto ai requisiti sulle prestazioni in tema di sostenibilità richiesti dalla committenza.
L’opera a mio giudizio meglio riuscita del Parco nonché quella che rappresenta meglio l’equilibrio raggiunto tra ricerca estetica e ricerca prestazionale è il Velodromo, un’opera emblematica per la sua capacità di coniugare fin da subito le richieste in materia di sostenibilità, di gestione economica, di prestazioni funzionali, con la qualità estetica del manufatto, di semplice concezione e proprio per questo bello.
Non ci saranno nel parco progetti di Londra edifici che lasciano lo spettatore a “bocca aperta”, eccezion fatta forse per lo stadio di Zaha Hadid che però, come dicevo prima, ha dovuto smussare molto le scelte iniziali fatte nel concorso per poter raggiungere un adeguato livello prestazionale. Forse in futuro il caso di Londra dimostrerà come l’architettura sia capace di rivedere i propri canoni estetici in favore di scelte più sostanziali, quali sono quelle della sostenibilità, giungendo comunque a risultati di altissimo livello estetico.

 

* Incaricato dal Olympic Delivery Authority (ODA) come Principal Design Advisor per gli Infrastrutture nel progetto del Parco Olimpico di Londra 2012. Responsabile per la Qualità e per il Coordinamento tra i progetti. 

** The London 2012 Games offer a unique opportunity to revitalise the Lower Lea Valley, transforming one of the most underdeveloped areas of London into a benchmark 21st century urban environment that reflects the diverse and vibrant population of the area.


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EWT/ EcoWebTown
Magazine of Sustainable Design (Quadrimestrale on line sul progetto di città sostenibile)
Edizione SCUT, Università Chieti-Pescara
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