In the foreground

Olympic social housing, di Valentina Carpitella

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Accanto al rilancio internazionale della città di Londra sul piano mediatico ed alle pratiche di progettazione e controllo della qualità edilizia in funzione della sostenibilità ambientale, le Olimpiadi di Londra del 2012 nelle intenzioni si propongono di offrire abitazioni ai londinesi appartenenti alle fasce di reddito più basse, con un'attenzione alla sostenibilità globale degli interventi. Questa politica rischia di essere messa in crisi dal fallimento di alcuni progetti di sviluppo immobiliare previsti dal masterplan olimpico. Il rischio più grande è connesso all'effetto a catena innescato dalla crisi economica in atto. Il piano complessivo di sviluppo comprende difatti una quota molto alta di edilizia residenziale dislocata anche fuori dal villaggio olimpico: rilancio socio economico ma soprattutto edilizio di un’area bersaglio, caratterizzata da parametri negativi e da criticità di lunga durata.
L’idea è quella di trasformare quest'area urbana in declino, quella di Stratford, a est di Londra, in un nuovo centro propulsore per l’area urbana e per la città; tale ipotesi di sviluppo non è nuova ma dedotta da un processo di pianificazione e programmazione lungo, che trova il suo momento catalizzatore nel grande evento, assunto oggi come simbolo nell’immaginario collettivo della ripresa di una capitale europea. L’attenzione all’inclusione sociale è testimoniata dal coinvolgimento della popolazione a più basso reddito attraverso l’azione di strutture private e miste che secondo la tradizione inglese contribuiscono alla realizzazione di edilizia abitativa sociale. 
Il progetto si colloca in un più ampio  programma di sviluppo attraverso un quadro strategico di rigenerazione, costruito su alcuni temi chiave da attuare attraverso politiche sociali, dando centralità agli enti locali e ridefinendo il profilo economico dell’area. Esso intende inserire una porzione di territorio nello sviluppo urbano più complessivo, attraverso un mix funzionale attrattivo, residenza di qualità, spazi verdi, nuove connessioni, luoghi ad alta vivibilità.
Il villaggio olimpico londinese ospiterà 17000 atleti durante i Giochi che avranno a loro disposizione ogni tipo di attrezzatura oltre che un sistema di trasporti efficiente; dopo le Olimpiadi diventerà un quartiere residenziale caratterizzato da tipologie abitative fortemente differenziate e da una popolazione eterogenea. Le abitazioni saranno complessivamente 2800, di cui 1380 destinate all’housing sociale. La Triathlon Homes, che si occuperà della gestione di queste ultime,  ha stipulato un accordo con l’Olympic Delivery Authority per acquisire le 1380 unità attraverso sovvenzioni della Homes and Communities Agency e prestiti bancari. Il patrimonio immobiliare, caratterizzato da tagli di alloggi variabili, è qualificato da standard ambientali altissimi,  risparmio energetico e da una relazione stretta con gli spazi aperti.
Le abitazioni sociali saranno affittate a tariffe agevolate o soggette a modelli differenti di assegnazione, assicurando la presenza di abitanti dalle caratteristiche differenti e parità di condizioni di accesso.
La politica non è nuova, basti pensare solo in Italia al caso del Villaggio Olimpico di Roma, che comprende le strutture sportive ancora oggi in uso ed il villaggio per gli atleti. A Roma le bellissime strutture sportive restano in uso nel corso del tempo ma il quartiere, che originariamente sorgeva in una zona di espansione urbana, ha acquistato centralità solo in tempi più recenti, dopo la realizzazione dell'Auditorium Parco della Musica, con la strutturazione di un sistema urbano complesso costituitosi in momenti diversi. Un esempio di successo fatto di azioni frammentate che senza appoggiarsi a strumenti innovativi ha condotto nei tempi propri delle trasformazioni urbane alla costruzione di una parte di città  che ha acquistato senso. Anche il caso delle Olimpiadi invernali di Torino vede l’offerta, in tempi diversi, di letti per gli atleti e case per i torinesi; c’è da domandarsi tuttavia come questa trasformazione di uso si accompagni in modo più generale ad una maggiore inclusione sociale e a processi di sviluppo urbano più ampi.
Il caso di Londra è molto più complesso: molteplici gli usi delle strutture sportive, in tutto o in parte da recuperare dopo i giochi; più sofisticate le procedure di gestione/acquisizione degli alloggi. Il quartiere futuro è già immaginato in funzione dei suoi nuovi abitanti, con servizi e soprattutto strutture scolastiche.
La consolidata tradizione nel campo della gestione e rigenerazione urbana fa del caso londinese un esempio di pianificazione virtuoso. Ma resta alto il rischio di una Stratford roccaforte per ricchi, con l'espulsione della popolazione a più basso reddito per l'elevarsi dei costi di vita, già proibitivi per le generazioni più giovani.
Ci si chiede, a partire da queste considerazioni, quale spazio resti all’interno della crisi economica in atto per l’inclusione sociale, se le abitazioni per la popolazione svantaggiata inserite all’interno di ambiti in forte valorizzazione possano divenire aspetto che inibisce l’investimento privato o essere leve per lo sviluppo immobiliare.
Il tema apre alla possibilità di ripensare al rapporto tra crisi economica e politiche rivolte alla localizzazione di ceti deboli, a come l’housing sociale possa divenire stimolo allo sviluppo economico di un Paese e non soltanto politica rivolta all’inclusione sociale.
Conciliare l’investimento nell’housing sociale e sviluppo economico è possibile immaginando questo tipo di alloggi come soluzione alle problematiche della popolazione ed allo stesso tempo azioni rivolte allo sviluppo immobiliare. E’ la strada intrapresa dall’Inghilterra e può divenire quella italiana in un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale degli interventi e di sviluppo economico anche nel settore stagnante dell’edilizia, in coincidenza di grandi eventi ma anche attraverso azioni inserite nell’agenda politica del Paese.


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EWT/ EcoWebTown
Magazine of Sustainable Design (Quadrimestrale on line sul progetto di città sostenibile)
Edizione SCUT, Università Chieti-Pescara
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